Vi è mai capitato di reagire di impulso ad una provocazione? Oppure di sentir montare la rabbia e ad un certo punto mettere il pilota automatico e reagire…per poi pentirvi di ciò che avete detto? Ecco in quelle situazioni l’impeto emotivo prende il sopravvento e l’emozione ci “sequestra”. Infatti la sensazione è proprio questa, di perdere il “controllo” delle nostre azioni. A prescindere dall’esito, la sensazione non è certamente piacevole, perché ci fa sentire non “padroni” di noi stessi. Inoltre la sensazione è di agire secondo una “scheda forata”, cioè di replicare sempre gli stessi schemi. Perché accade questo? Una spiegazione in ottica evolutiva esiste. Per riprendere Paul MacLean (The Triun Brain in Evolution), il nostro cervello si compone in realtà di tre cervelli, corrispondenti ad altrettanti momenti evolutivi dell’uomo. Il più antico è il cervello rettile (o rettiliano, posto all’apice del tronco encefalico). Il nome? Dal fatto che è comune a tutti i rettili. In esso sono racchiuse le funzioni essenziali per la sopravvivenza, tra cui lo schema di azione “attacco/fuga” di fronte a situazioni percepite come pericolo. Qui non si va molto per il sottile, lo scopo è portare a casa la pelle, quindi se una certa situazione è percepita come potenzialmente pericolosa, allora scatta in automatico la reazione di difesa. Troviamo qui la cabina di comando delle pulsioni fondamentali come la paura, la fame, la fuga. Poche funzioni, fondamentali, pochi schemi di azione. Sempre quelli, ripetuti. Questa parte del cervello è attiva come un radar ventiquattro ore al giorno, quindi anche durante il sonno. Perché? Perché è la sentinella che ci deve proteggere dai pericoli. In una seconda fase dell’evoluzione il nostro cervello ha visto strutturarsi una seconda area, il sistema limbico (dal latino limbus, anello, per la forma circolare). E’ questo il pozzo nero della nostra vita emotiva. Qui prendono origine i sentimenti e le emozioni che viviamo quotidianamente. Il cervello libico è anche sede della memoria emotiva, cioè là dove vengono registrate le esperienze cariche di emotività, come la nascita di nostro figlio, il giorno della laurea, il primo bacio…e anche, ahimé le situazioni spiacevoli come un incidente stradale. Come dire, qui le nostre esperienze vengono colorate di emozione e alla fine vengono classificate come “piacevoli” o “spiacevoli”. Dopo questa classificazione le esperienze giungono alla neocorteccia cerebrale, la terza area del cervello e anche l’ultima delle tre fasi di evoluzione, la più recente. Che succede nella neocorteccia? Sì, dai, quella parte grigia piena di pieghe che siamo soliti associare al cervello, appunto. Si formano i pensieri. Questa è la sede del pensiero astratto, dove possiamo viaggiare nel tempo ricordando o immaginando il futuro; dove possiamo creare, analizzare, sviluppare i simboli e i segni per comunicare con gli altri: la parola e la scrittura.
Ora che abbiamo fatto un viaggio nel nostro cervello lungo i tre periodi della sua evoluzione, come possiamo risolvere il problema del “sequestro emozionale”? Dove avviene questo sequestro innanzitutto? Nella parte emotiva del cervello, il sistema limbico e in particolare sono due “mandorline” (l’amigdala) ad avere in mano lo scettro del potere, è da qui che parte lo schema difensivo “attacco/fuga”. Di fronte ad una parola, atteggiamento, situazione che l’amigdala registra come “pericolosa” ecco che il sistema libico prende il sopravvento e innesca la reazione impulsiva forte che ci fa perdere il controllo e ci “sequestra”, appunto. Ciò equivale a dire che quando reagiamo in modo così istintivo…mettiamo in atto schemi primitivi di comportamento.
Esiste una alternativa? Sì, quella di imparare ad ascoltare le proprie emozioni e a dialogare con esse, cioè vederle come se fossimo un terzo osservatore per poi decidere come agire, invece di re-agire istintivamente.