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Team building cosa fare per costruire e motivare il team di lavoro

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Si sa, oggi da soli non si va lontano, perché non si è competitivi. Che serva un team non è più in dubbio. Cosa si può fare per costruire un team coeso e tenerlo motivato?

Se dunque la necessità di avere un’organizzazione di collaboratori con lo spirito della squadra è oramai chiara, dobbiamo invece chiederci cosa oggi si può fare per costruire una squadra affiatata e per mantenerla tale nel tempo. In un settore come quello dei professionisti – avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, notai – la questione si fa ancora più calda, perché sappiamo bene come nascano come professioni  individualiste, che in passato amavano poco condividere con gli altri i successi, economici e di altro genere. Doppia sfida, quindi, per gli studi dell’area giuridico-economica: superare la mentalità individualista e imparare a coltivare lo spirito di squadra.

Vediamo dunque di fissare alcuni punti che possano far decidere anche ai più restii perché conviene lavorare in team piuttosto che da soli e poi capire come in concreto costruire una squadra performante.

Perché lavorare in squadra nello studio professionale

Sono almeno 4 le ragioni principali che dovrebbero far capitolare anche i più accaniti sostenitori dell’individualismo verso compagini allargate di soci e collaboratori in un gioco di squadra.

  • Competitività – Partiamo da qui: oggi il mercato richiede esperti, specializzazioni per essere competitivi. Il cliente, in particolare il cliente business, oggi preferisce decisamente lo specialista al generalista, per cui tenderà a propendere per chi fa in esclusiva una certa materia e ha track records di tutto rispetto alle spalle, che fanno pensare ad una maggior esperienza e focalizzazione nella gestione del caso. Se a ciò aggiungiamo che il cliente business richiede nello stesso tempo velocità di risposta e soluzioni integrate da più expertise, per cui richiede dallo stesso interlocutore più competenze, in modo da avere soluzioni complete, multidisciplinari e integrate, ecco che il “tutto intorno a te” diventa una realtà anche in ambito legale. Come poter soddisfare richieste così diverse nello stesso tempo? Specializzazione, multidisciplinarietà, velocità? La soluzione ce la offre lo studio con all’interno diverse figure professionali, magari ciascuna a capo di un dipartimento dotato di una propria articolazione. Ecco che lo studio può attraverso il lavoro di team soddisfare complesse situazioni richieste dal cliente.
  • Volume di business – Finché la professione viene articolata in modo tradizionale, come un dominus e dei collaboratori che da lui dipendono, il cliente vorrà sempre il dominus e inevitabilmente verrà travolto dalla mole di lavoro, dalle richieste di essere presente per “metterci la faccia”, dalle richieste dei clienti che vogliono lui in prima persona come referente. La piramide organizzativa che il nostro dominus aveva creato, o pensato di creare, con funzione deflattiva del carico di lavoro, si gira e scarica rovinosamente sul nostro dominus tutto il carico di lavoro. Come il collo di un imbuto, gli studi organizzati in questo modo vedono nel dominus il fattore frenante di una espansione, non fosse altro che perché manca materialmente il tempo per fare le cose, dare risposte, verificare il verificabile. Il volume di lavoro oltre una certa soglia non può andare in queste condizioni e inoltre manca il tempo per sviluppare altro business, tutti indaffarati come sono a gestire l’attuale. Soluzione? Anche qui un cambio di mentalità che passi dall’accentramento al decentramento organizzato delle attività in ottica di squadra di lavoro, con soci e gerarchie a comporre un organigramma di compiti, responsabilità, funzioni.
  • Efficienza del lavoro – Come ben sappiamo ottenere risultati non è tutto per essere performanti. Bisogna anche considerare l’investimento di risorse che vi è stato. Solo dal mix tra efficacia ed efficienza derivano delle reali performance. Quando si lavora con mentalità individualista si tende, ovviamente ad accentrare il controllo. Ciò comporta che il nostro professionista continuerà nel tempo a fare attività a basso valore aggiunto che potrebbe delegare e a non fare attività – per mancanza di tempo – che invece la sua maturità professionale richiede e che porterebbero altro business. Certo che non si può delegare se non ci si fida di nessuno o dei propri collaboratori. A ciò si aggiunga che per delegare è utile condividere gli obiettivi, chiarire gli scenari, definire la vision. Molti individualisti non lo fanno appositamente, perché non vogliono far sapere cosa hanno in testa o perché sono gelosi di informazioni o conoscenze. Certamente il lavoro di squadra ottimizza le risorse e rende più efficiente i professi, ma bisogna fare quel salto di mentalità e avere coraggio, cosa per alcuni ancora lontana dai propri orizzonti.
  • Qualità di vita – A conclusione di tutte le considerazioni sopra fatte di pone la qualità di vita che ci si intende riservare a se stessi. Ci sta che se lavoriamo accentrando tutto, quel tutto ci ricadrà addosso comportando orari serali improbi, week end di lavoro e tanta tensione durante la giornata. L’individualismo a quel punto di trasforma in una sensazione di solitudine e di frustrazione, come se ci si sentisse prigionieri di qualcosa costruito con le nostre stesse mani. La squadra ha anche risvolti psicologici ed emotivi non indifferenti: sapere di avere un team di sostegno, di non essere soli, di aver su chi contare e con cui confrontarsi è importante. La scelta del lavoro in team è anche, quindi, una scelta di vita, oltre che di organizzazione di lavoro.

Come costruire una squadra affiatata

Tante belle parole la squadra, il team, il lavoro di gruppo, ma come possiamo in concreto realizzare tutto ciò? Vediamo gli ingredienti di un buon team working.

  • Selezionate le persone giuste per il proprio ruolo – Il primo passo per la costruzione id un team vincente è la selezione. Se potete farlo, selezionate i migliori che potete, in funzione delle risorse economiche che avete, del tempo, delle situazioni. Prima di tutto chiaritevi bene chi state cercando e fate l’identikit di tale figura: cosa deve sapere/saper fare (competenze), come deve saperlo fare(attitudini), quindi le capacità organizzative, di problem solving, precisione, cura, costanza, velocità etc.; infine come deve sapersi relazionare con gli altri (capacità relazionali), quindi se sa giocare in squadra, se sa fare gruppo, sa motivare gli altri, sa condividere gli obiettivi, sa comunicare, sa creare un buon clima di lavoro. Un errore in questa fase, magari dettato dalla fretta o dalla stanchezza, può avere effetti molto deleteri sul team e sui vostri progetti di business.
  • Fate crescere le persone – Un collaboratore è come un figlio: non potete pensare di metterlo al mondo e poi abbandonarlo al suo destino. Ecco, per i collaboratori vale più o meno la stessa regola: una volta selezionato e inserito in un gruppo va seguito, fatto crescere e gestito. Ricordatevi le tre fasi di inserimento di un nuovo collaboratore: i primi tempi mentoring, quindi deve avere un mentore che gli fa vedere come si fanno le cose da noi; seconda fase tutoring: il mentore diventa tutor, quindi fa fare al nuovo arrivato e lo corregge; terza fase delega: oramai formato, la new entry può fare da sé opportunamente delegato, salvo momenti di verifica periodici.
  • Prendetevi cura del team – Formato il vostro team come composizione, dovete dedicare tempo per stare con loro, per conoscerli e per farvi conoscere. Non si può gestire un team di persone se non si conoscono. Pensate ai coach sportivi. Nello stesso tempo non potete pensare che se avete passato del tempo con loro i giochi siano fatti, perché le situazioni e le persone cambiano nel tempo e il team è un sistema dinamico in continua evoluzione. Quindi? Dovete continuare costantemente a trascorrere del tempo col vostro team, sotto forma di riunioni, di retreat di studio, di colloqui individuali, ma ci dovete essere. Inoltre, una squadra ha bisogno di continui stimoli per essere al top; necessita di attenzioni, di momenti di condivisione, di momenti di celebrazione delle vittorie, di momenti di sfogo. Tutto questo fa parte del gioco in team e non si può prescindere. Essere solo focalizzati sul lavoro, sui risultati, alla fine toglie motivazione e coesione al team.
  • Definite e condividete gli obiettivi – Una squadra è tale se condivide un obiettivo da raggiungere. La differenza tra un gruppo e una squadra è proprio questo: il gruppo lavora insieme, ma ciascuno punta ad un proprio obiettivo. Chiedetevi allora se avete chiaro in mente l’obiettivo di squadra e se lo avete chiaramente condiviso con i vostri collaboratori. Spesso non per cattiveria, ma per mancanza di tempo, di competenze comunicative, siamo convinti che sia chiaro a tutti, ma poi ad una verifica empirica…cade tutto e ciascuno pensava ad un obiettivo diverso. Ci sta allora che ciascuno agisse non in modo allineato: era ciascuno allineato al proprio obiettivo e non a quello comune. Ricordateci di non parlare solo voi nelle riunioni, ma di fare brainstorming e soprattutto di fare una verifica con i vostri collaboratori su ciò che hanno capito di priorità e obiettivi.
  • Celebrate i successi – Potete chiedere sacrificio, impegno, dedizione, ma ad un certo punto dovete dare. Non intendo solo in senso di do tu des, economico o di altro genere che sia. Intendo anche dare soddisfazioni, riconoscere i meriti, gratificare, celebrare i successi. Ecco celebrare i successi è un ottimo modo per fare squadra: è questo il c.d. rinforzo positivo, cioè la conferma di aver fatto bene e che continuando a fare così avremo altri successi e altre soddisfazioni di cui gioire. La celebrazioni dei successi può essere fatta in tanti modi, dalla pacca sulla spalla, alla riunione di gruppo, alla cena, al premio, alla vacanza premio. Ciò che conta è che a qualcosa di materiale si accompagni anche il momento di condivisione emotivo e umano.

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Strumenti di team building: i retreat di studio

Per concludere, riportiamo alcuni strumenti ideali per fare team building, cioè costruzione di un gruppo. Ricordate che se nello sport è lo spogliatoio il luogo sacro del team building, per uno studio professionale sono le riunioni, soprattutto quelle motivazionali e di brainstorming. Non rinunciate mai a queste riunioni. Altri strumenti di team building sono tutte le situazioni di gruppo informali: cene, pranzi, eventi culturali e sportivi. Si fa team building specificamente con le attività dei retreat, cioè le convention di studio. Qui accanto a momenti di formazione e di condivisione di obiettivi di studio si possono organizzare molte attività in outdoor e in indoor. Per uno studio professionale io personalmente propendo e organizzo attività in indoor: pièce teatrali, giochi del mimo, team cooking, simulazioni di attività di comunicazione e mktg, di attività business. Esistono però anche attività in outdoor interessanti, dalle attività sportive, all’orientering, alla caccia al tesoro. Insomma, qualunque sia, lo scopo è far stare insieme le persone, falle conoscere, falle divertire e affiatare.

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Mario Alberto Catarozzo - Founder Partner & CEO MYPlace Communications

Mario Alberto Catarozzo

Formatore, Business Coach professionista e Consulente, è specializzato nell’affiancare professionisti, manager e imprenditori nei progetti di sviluppo e riorganizzazione.
È fondatore e CEO di MYPlace Communications, società dedicata al marketing e comunicazione nel business. Nella sua carriera professionale è stato dapprima professionista, poi manager e infine imprenditore. Per questa ragione conosce molto bene le dinamiche aziendali e del mondo del business. Si è formato presso le migliori scuole di coaching internazionali conseguendo le maggiori qualifiche del settore.
Collabora con Enti, Istituzioni e Associazioni professionali e di categoria e lavora con aziende italiane e internazionali di ogni dimensione, dalle pmi alle multinazionali.
È autore di numerosi volumi dedicati agli strumenti manageriali e di crescita personale e professionale. È direttore della collana Studi Professionali di Alpha Test Editore e autore de “Il Futuro delle professioni in Italia” edito da Teleconsul editore.
Professional Certified Coach (PCC), presso la International Coach Federation (ICF).
Per sapere di più sulle attività di formazione, coaching, consulenza e marketing visita i siti:

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Per info e contatti: coach@mariocatarozzo.it.