Condividi

Indice dei contenuti

C’erano un tempo le hard skills, le competenze tecniche del professionista, e tanto bastava. Ci si laureava, si svolgeva la pratica legale, si superava l’esame di Stato e così si imboccava una professione che avrebbe accompagnato per il resto della vita, senza ulteriori investimenti formativi al di fuori del costante aggiornamento normativo, la vita del professionista. La pratica quotidiana, poi, avrebbe fatto il resto.

L’ERA DELLE SOFT SKILLS

C’era una volta e oggi non c’è più. O meglio, non basta più. Già, perché dal dopoguerra fino a fine secolo era sufficiente un abbonamento ad una buona rivista giuridica, magari a cadenza settimanale, per rimanere aggiornati. Periodicamente l’agente di zona di un editore passava dallo Studio a proporre nuove uscite e finiva lì. Una volta ogni due/tre anni, poi, si cambiavano i 4 codici fondamentali, laddove proprio necessario. Per chi guardava oltre confine, un corso di inglese giuridico e un periodo all’estero avrebbero completato le basi del professionista pronto e preparato. Avvocati, commercialisticonsulenti del lavoro sono stati abituati per generazioni così. Ma si sa, nulla è per sempre (salvo i diamanti, pare) e le cose sono cominciate anche per il mercato legale lentamente a cambiare. Per gli avvocati d’affari già con lo “sbarco” da fine anni ’90 degli Studi inglesi e americani in Italia si intravedono nuove opportunità e, di conseguenza, nuove modalità per svolgere la professione. La new economy introduce nuovi filoni e nuove competenze che, al passo con la velocità della materia, richiedevano aggiornamento costante. Comincia poi il periodo delle riforme e si approda all’anno zero: il 2008. Dagli Stati Uniti arriva come l’onda d’urto di uno tzunami anche in Europa la crisi finanziaria, che l’Italia, come piazza di secondo (forse anche terzo) ordine risente con italico ritardo dal 2010. Il mercato rallenta, la spending review tocca anche i professionisti dell’area legale e gli oltre 250mila avvocati cominciano a toccare con mano che qualcosa è cambiato, e non sarà passeggero. Arriviamo poi alla pandemia, ai temi della sostenibilità, alla tecnologia pervasiva che cambia tempi e modalità di gestione della professione. Ecco che le conoscenze tecniche normative non bastano più, sono necessarie, ma non più sufficienti.

Gli ingredienti per un mix esplosivo non sono ancora completi. Alla crisi economica e finanziaria che mette in ginocchio (o congela) l’economia e le imprese-clienti, si sommano le riforme legislative a pioggia e spesso incoerenti, mal fatte e parziali. L’Europa ci mette lo zampino con la Direttiva Bolkstein e poi il nostrano decreto Bersani. Si comincia così a far fronte alla crisi del mercato con il marketing e la comunicazione. Gli Studi legali diventano sempre più associati e quindi organizzati con mentalità imprenditoriale (almeno così avrebbe dovuto essere) che professionale da libero battitore. Lavorare in team diventa un must. Si riformano a questo punto i codici deontologici, che devono riconoscere maggior spazio alle pratiche comunicative e promozionali del professionista. Ciò che non si riforma è la mentalità di chi dovrà poi applicarle, dentro e fuori lo Studio. Ci riferiamo, rispettivamente, ai soci e titolari di Studio, che procedono formalmente in team, ma sostanzialmente con spirito da lupo solitario e ai componenti delle Commissioni deontologiche degli Ordini professionali, ancorate ad una poco aggiornata visione della professione. Così da Ordine ad Ordine l’applicazione delle norme deontologiche (e delle sanzioni disciplinari) cambia e spesso anche di molto.

La ciliegina sulla torta la mette poi il web. I cambiamenti tecnologici e culturali subiscono una impennata verso l’uso massivo e capillare di Internet, anche con finalità di business e professionali. Spuntano siti web di Studio, sulla carta (ancora oggi solo lì) si prevede il processo telematico, cancellerie dei Tribunali più lungimiranti aprono gli sportelli digitali. Gli Studi legali d’affari investono nel marketing e nella comunicazione, sorgono agenzie di media relation, sezioni dedicate su quotidiani e magazine, oltre a riviste di settore.

Oggi la nuova frontiera è rappresentata dalle reti tra professionisti, dall’uso delle piattaforme di videoconference portate in auge dalla pandemia, dallo smart working e dai co-working dedicati ai professionisti. 

UN NUOVO SCENARIO PER LE PROFESSIONI 

In questo scenario le famose hard skills giuridiche ed economiche-fiscali, quindi le competenze acquisite negli anni di università e nella pratica legale sono solo una parte del background utile al professionista. Altre competenze diventano necessarie per gestire collaboratori, attività, progetti, per rimanere competitivi, per gestire nuovi spazi di mercato, per attrarre i giovani talenti e per distinguersi sul mercato professionale. Vediamo, dunque, quali competenze oggi sono diventate indispensabili; le soft skills non sono più così soft e nemmeno complementari, ma centrali e fondamentali per il successo professionale.

Mentalità manageriale – Lo Studio associato organizzato con mentalità imprenditoriale, sul modello organizzativo aziendale, richiede necessariamente competenze manageriali, quindi di gestione del tempo (nostro e dei collaboratori), delle attività (quindi competenze di pianificazione e programmazione) e di leadership (abilità di delega, di feedback e di gestire riunioni efficaci). In mancanza, è come aver comprato una bellissima barca a vela trialbero e non avere il patentino nautico per condurla e raggiungere le ambite mete.

Mentalità comunicativa – Per poter rimanere competitivi, dopo aver strutturato l’organizzazione di Studio e aver lavorato sull’eccellenza delle competenze professionali, è necessario farle conoscere al pubblico. E, ancor meglio, è necessario emergere, distinguersi, attrarre i prospect per le nostre peculiarità. Saper comunicare, saper promuovere diventa non più un’attività marginale, ma centrale nella professione. Esattamente come il marketing lo è per chi svolge attività commerciale. Come dire: posso avere ottimi prodotti, ma se li tengo chiusi in magazzino, lì rimarranno.

Mentalità di squadra – Abbiamo detto che oggi non basta affatto essere in tanti per dire che si è una squadra. Al massimo, si sarà un gruppo. Ma la squadra è altra cosa. Per capire la differenza, ricordiamoci quando da bambini giocavamo a pallone, oppure per chi ha figli piccoli basti guardare cosa fanno la domenica al campetto di calcio. I bambini corrono dietro la palla noncuranti di schemi e ruoli. Là dove c’è una palla scatta la competizione e si corre tutti. Ecco, quello al massimo è un gruppo di giocatori, non una squadra. Tale diventerà solo quando rispetteranno i ruoli, sapranno coordinarsi e soprattutto avranno la mentalità del giocare tutti per uno scopo comune. Ecco, molti Studi legali assomigliano ancora a tanti bambini (simpatici, per l’amor del cielo) che corrono dietro una palla anche se sono in gruppo, piuttosto che come una squadra lottare per un fine comune, dove tutti condividono gioie e dolori in vista della meta comune.

Queste abilità e competenze oggi necessarie nel bagaglio formativo e culturale dell’avvocato, del commercialista, del consulente del lavoro e di molte altre figure professionali si chiamano soft skills, competenze manageriali indispensabili per le performance. Sono il completamento dello zoccolo duro della formazione del professionista. Ma non sono certo meno importanti. Essere eccellente e non saperlo comunicare, piuttosto che essere un pozzo di scienza, ma non sapersi coordinare con gli altri, oppure avere esperienza da vendere, ma non saperla mettere a disposizione della squadra non gioverà per la competitività dello Studio.

E per concludere, molta attenzione va posta ad un nemico silenzioso che trasversalmente accomuna tutti i professionisti: l’alibi della mancanza di tempo. Tutti, dico tutti, siamo abituati a giustificare le proprie mancanze, con “non ho tempo”, “lo farò appena trovo un attimo”, “so che dovrei, ma non riesco proprio oggi” etc. etc.

Alibi, nient’altro che alibi. E ricordiamoci che tutto ha un prezzo, anche il non avere tempo. 

Buon lavoro!

VUOI ACQUISIRE NUOVE COMPETENZE MANAGERIALI?
ISCRIVITI AL NOSTRO CORSO “MASTER IN BUSINESS

TI È PIACIUTO QUESTO ARTICOLO?

Leggi anche: “La personalizzazione sarà il futuro anche per i servizi legali?”


Mario Alberto Catarozzo

Formatore, Business Coach professionista e Consulente, è specializzato nell’affiancare professionisti, manager e imprenditori nei progetti di sviluppo e riorganizzazione.
È fondatore e CEO di MYPlace Communications, società dedicata al marketing e comunicazione nel business. Nella sua carriera professionale è stato dapprima professionista, poi manager e infine imprenditore. Per questa ragione conosce molto bene le dinamiche aziendali e del mondo del business. Si è formato presso le migliori scuole di coaching internazionali conseguendo le maggiori qualifiche del settore.
Collabora con Enti, Istituzioni e Associazioni professionali e di categoria e lavora con aziende italiane e internazionali di ogni dimensione, dalle pmi alle multinazionali.
È autore di numerosi volumi dedicati agli strumenti manageriali e di crescita personale e professionale. È direttore della collana Studi Professionali di Alpha Test Editore e autore de “Il Futuro delle professioni in Italia” edito da Teleconsul editore.
Professional Certified Coach (PCC), presso la International Coach Federation (ICF).
Per sapere di più sulle attività di formazione, coaching, consulenza e marketing visita i siti:

.
Per info e contatti: coach@mariocatarozzo.it.