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Quale strategia paga di più in negoziazione? Chi è più aggressivo è più forte?

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Negoziare con forza, oppure condurre il negoziato con una certa morbidezza? Quale sarà la strategia da adottare che paga maggiormente in termini di risultato?

In particolare nel mondo del business, e ancor più tra i professionisti dell’area legale, avvocati in primis, vige l’idea che chi fa la voce più grossa è più forte e determinato nel raggiungere i risultati. Spesso, infatti, sono gli stessi clienti a scegliersi l’avvocato con questo approccio, in quanto ad esso legano l’idea di forza e determinazione. Ma sarà cosi? Premesso che non c’è una formula che vada bene per tutte le situazioni negoziali, innanzitutto va fatta un po’ di chiarezza e di distinguo.

Determinazione e forza sono due concetti ben diversi. Essere determinati è un’ottima dote in negoziazione ed indica la capacità di tenere stretto il timone tra le mani verso la meta. Prima di tutto, quindi, bisogna avere chiaro il nostro obiettivo, averlo definito quanto basta per poter valutare (“misurare”) il suo raggiungimento. Perché poi la determinazione non diventi cocciutaggine, è utile saper mixare grinta con flessibilità e apertura mentale per non procedere con i “paraocchi”, ma saper innestare le giuste varianti cammin facendo, in base all’evoluzione della trattativa e alla relazione con l’interlocutore.

Anche forza e morbidezza sono due concetti che è utile specificare, in modo da poterne fare un uso funzionale alle proprie esigenze. Se la determinazione è sinonimo di focusing, di capacità di non mollare la presa e “farsi portare a spasso” dalla nostra controparte, la forza indica le carte che abbiamo da giocarci al tavolo negoziale o la percezione che l’altro può avere di noi e delle nostre capacità e risorse. Una prima regola fondamentale in un corso sulla negoziazione è di dotarsi di quante maggiori alternative possibili all’accordo negoziato (la B.A.T.N.A., Best Alternative to a Negotiated Agreement insegnata dalla scuola di Harvard) che permette di sentirsi (ed essere) più forte, quante maggiori alternative abbiamo a disposizione. Se, per esempio, vado a negoziare una compravendita dal lato del venditore e ho più di un possibile acquirente, mi sentirò (e sarò) più forte nel tenere fermo il prezzo di vendita di fronte alle richieste negoziali dell’acquirente, perché saprò che se abbandonerà lui il tavolo negoziale al prezzo da me fissato, avrò un altro acquirente disposto a concludere l’affare.

La forza negoziale, dunque, non è legata a chi alza di più la voce o all’aggressività, quanto alla chiarezza degli obiettivi, alla consapevolezza delle proprie possibilità e alle alternative a disposizione.

La morbidezza, infine, indica la capacità di essere flessibile, di saper cambiare strategia nelle dinamica del negoziato (essere rigidi è un minus e non un plus) di saper ascoltare quanto l’altro ha da dire, di saper fare domande, di saper introdurre degli elementi strategici di oggettività nella negoziazione.

Su quest’ultimo punto ricordiamoci sempre che finchè noi faremo pressione o faremo il tiro alla fune avremo sempre dall’altra parte una reazione uguale e contraria. Per evitare di instaurare queste dinamiche di spinta e controspinta, che spesso portano solo ad uno stallo della trattativa, è invece utile di tanto in tanto introdurre strategicamente degli elementi di “oggettività” nella trattativa, come se invece di vedere le cose unicamente dal proprio punto di vista (necessariamente e giustamente soggettivo), vedessimo la situazione da una prospettiva più equidistate, quasi da terzo super partes. In pratica, ciò si ottiene se introduciamo nella trattativa delle considerazioni apparentemente contro il nostro interesse, per esempio ammettendo un nostro errore, un difetto, un problema per noi. In questo modo il nostro interlocutore sarà invogliato a sua volta (c.d. principio di reciprocità) a prendere una posizione meno di parte e a considerare anche le nostre ragioni, fino a poco prima completamente negate dalla visione soggettiva assunta da ciascuno.

Quindi, per riassumere, ricordiamoci di distinguere in fase negoziale questi aspetti ben diversi tra di loro:

  • forza = risorse reali o percepite (dalla controparte) a disposizione e alternative possibili all’accordo negoziato
  • determinazione = capacità di tenere lo sguardo puntato sulla meta senza farsi depistare lungo la trattativa
  • cocciutaggine = rigidità delle nostre posizioni a prescindere dalle evoluzioni del negoziato
  • morbidezza = capacità di essere flessibili e adeguare la nostra strategia all’evoluzione della trattativa

Anche se alcuni hanno doti negoziali innate, buoni negoziatori si diventa.

Buon lavoro!.

Mario Alberto Catarozzo

Formatore, Business Coach professionista e Consulente, è specializzato nell’affiancare professionisti, manager e imprenditori nei progetti di sviluppo e riorganizzazione.
È fondatore e CEO di MYPlace Communications, società dedicata al marketing e comunicazione nel business. Nella sua carriera professionale è stato dapprima professionista, poi manager e infine imprenditore. Per questa ragione conosce molto bene le dinamiche aziendali e del mondo del business. Si è formato presso le migliori scuole di coaching internazionali conseguendo le maggiori qualifiche del settore.
Collabora con Enti, Istituzioni e Associazioni professionali e di categoria e lavora con aziende italiane e internazionali di ogni dimensione, dalle pmi alle multinazionali.
È autore di numerosi volumi dedicati agli strumenti manageriali e di crescita personale e professionale. È direttore della collana Studi Professionali di Alpha Test Editore e autore de “Il Futuro delle professioni in Italia” edito da Teleconsul editore.
Professional Certified Coach (PCC), presso la International Coach Federation (ICF).
Per sapere di più sulle attività di formazione, coaching, consulenza e marketing visita i siti:

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Per info e contatti: coach@mariocatarozzo.it.