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Saldi, risparmio… e sono felice

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Siamo in periodo di saldi. La tv manda le consuete immagini di code davanti ai negozi per accaparrarsi il capo di abbigliamento scontato, il televisore ultrapiatto o il panettone di Natale prima che sia troppo tardi. Che cosa ci muove a tutto ciò? Cosa si agita nelle nostre menti e ci spinge a comprare il superfluo? Il desiderio di risparmio ha delle sue radici neurobiologiche oltre che psicologiche. E ha dei compagni altrettanto influenti, come il desiderio di soddisfare i bisogni, materiali o relazionali, il desiderio di risolvere la scarsità di un bene, il desiderio di possedere cose utili.

Partiamo nel nostro viaggio nel mondo dei desideri facendo la prima conoscenza: quando compriamo qualcosa siamo totalmente a-razionali (per non dire irrazionali). Cosa vuol dire? Che siamo condotti nelle nostre scelte, apparentemente ponderate e giustificate, dalle emozioni e dal desiderio. Ma di quale desiderio stiamo parlando? Parliamo del desiderio di colmare un vuoto, ciò che socialmente riteniamo importante avere per far parte di un gruppo e per affermare la nostra identità. Facciamo ancora un pezzetto di strada e facciamo la seconda conoscenza: il desiderio per un oggetto genera in noi un’emozione negativa  – la mancanza dell’oggetto – e quindi uno stato di disagio, di insoddisfazione finchè non è nostro il bene, che tenderemo a colmare quanto prima per provare la soddisfazione e sollievo conseguenti.

Perché allora assistiamo spesso in casa allo scontro tra due atteggiamenti apparentemente contrastanti? Quello dei genitori appartenenti alla generazione anni ’30 e ’40 e quella dei figli anni ’70 e ’80? Bah, mille ragioni, una per tutte è che i nostri genitori appartengono alla cultura di una società votata alla crescita, in cui vi erano bisogni legati alla sopravvivenza prima e al benessere dopo da soddisfare; parliamo della  società post bellica. Noi invece apparteniamo invece alla cultura della società “post-crescita” (Fabris), in cui cioè si hanno abbiamo più bisogni primari da soddisfare, ma rimane un solo bisogno che però è illimitato: il  bisogno di consumo di beni e relativo stato di benessere che esso genera. Così nel cibo, nell’abbigliamento, nei trasporti, i nostri comportamenti non corrispondono più ai bisogni fondamentali di garantire la sopravvivenza e il benessere, ma alla moda, al desiderio di appartenenza. Compriamo per avere un simbolo, per far parte di un gruppo, per non essere diversi (per alcuni, all’opposto, per essere esclusivi), in ogni caso, per essere desiderabili. Di fatto compriamo sensazioni, esperienze, stati d’animo. Se diamo un’occhiata ai centri commerciali e alle catene più esclusive, non si tratta più oggi di comprare un bene, bensì ciò che ci viene offerto è un viaggio all’interno di una dimensione del lusso, dell’esclusività, di un’esperienza emotiva.

Durante i saldi tutto questo assume dimensioni particolari, perché vengono amplificati certi aspetti per facilitare l’ingresso in questi mondi. È come se venissero creati degli scivoli laddove prima esistevano dei muri, delle barriere, più o meno alte, all’ingresso. Ciò che non potevi comprare pochi giorni prima – o che avresti potuto, in fondo, ma che una vocina interna ti aveva ancora impedito di fare – oggi è più accessibile, perché scontato. Quindi, stessa utilità percepita del bene, ma a costo inferiore. In più si aggiunge l’elemento scarsità: devo muovermi prima che finiscano i numeri, i pezzi, l’assortimento. C’è qui anche l’elemento della competizione che prende vita: so che solo pochi potranno avere quel bene e io voglio essere tra quei pochi. Lo stesso principio possiamo applicarlo anche fuori dai saldi, ai negozi che chiudono per cessata attività o che fanno svendite per rinnovo locali e così via. Il percepito in questi casi è che possiamo fare “l’affare”. 50% di sconto? Caspita vuol dire che “risparmio” la metà del prezzo, un affare, appunto!

Insomma siamo furbi noi e vogliamo cogliere le opportunità. Più passa il tempo, poi, sotto lo stimolo delle pubblicità e dei messaggi promozionali e più la mente emotiva prende le distanze da quella cognitiva, fino ad arrivare al momento clou in cui beati acquistiamo.

Torneremo sui processi di acquisto per vedere cosa accade dentro di noi in quei momenti.

Per il momento, siate felici dei vostri acquisti natalizi e per gli affari scontati di questi giorni!

Mario Alberto Catarozzo

Formatore, Business Coach professionista e Consulente, è specializzato nell’affiancare professionisti, manager e imprenditori nei progetti di sviluppo e riorganizzazione.
È fondatore e CEO di MYPlace Communications, società dedicata al marketing e comunicazione nel business. Nella sua carriera professionale è stato dapprima professionista, poi manager e infine imprenditore. Per questa ragione conosce molto bene le dinamiche aziendali e del mondo del business. Si è formato presso le migliori scuole di coaching internazionali conseguendo le maggiori qualifiche del settore.
Collabora con Enti, Istituzioni e Associazioni professionali e di categoria e lavora con aziende italiane e internazionali di ogni dimensione, dalle pmi alle multinazionali.
È autore di numerosi volumi dedicati agli strumenti manageriali e di crescita personale e professionale. È direttore della collana Studi Professionali di Alpha Test Editore e autore de “Il Futuro delle professioni in Italia” edito da Teleconsul editore.
Professional Certified Coach (PCC), presso la International Coach Federation (ICF).
Per sapere di più sulle attività di formazione, coaching, consulenza e marketing visita i siti:

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Per info e contatti: coach@mariocatarozzo.it.