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Alla ricerca della felicità

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Felicità “Vurria sapè ched’è chesta parola, vurria sapè che vvo’ significà” dice Totò in una sua poesia. La felicità è “fatta di momenti di dimenticanza“, continua il Principe della risata. Già, la felicità, l’emozione che tutti cerchiamo come meta del nostro fare. La felicità è come un animale, più cerchi di afferrarla per la coda e più ti sfugge, più lasci che venga da te e più ti girerà intorno scodinzolando, insegna un maestro zen ai suoi allievi. Ma cosa influisce su questo sentimento, che cosa può aiutare ad avvicinarsi a questa emozione?

Ebbene, studi negli ultimi anni hanno cercato di capire e hanno a volte confermato e a volte sfatato convinzioni e credenze. Innanzitutto, il primo luogo comune è che i soldi non facciano la felicità. Ma sarà proprio così? Dice lo scrittore Jean d’Ormesson “contrariamente a quanto credono i poveri, i soldi non fanno la felicità dei ricchi, ma contrariamente a quanto credono i ricchi, farebbero quella dei poveri!“. Insomma, i soldi aumentano la propria influenza sullo stato di felicità quanto più ci si avvicina allo stato di povertà; al contrario quanto più se ne allontanano tanto più perdono questa influenza.

Altro fattore nella coscienza collettiva che incide sulla felicità è l’età. Ciò vuol dire che più si invecchia e meno si è felici. Vero? Non proprio, anche qui dagli studi compiuti su fette di popolazione hanno dimostrato che la cosiddetta crisi di mezza età è in realtà il desiderio di tornare a provare emozioni forti provate in età giovanile e negli anni della maturità la felicità assume connotati diversi, come uno stato duraturo di contentezza diverso, quindi, dall’età giovanile fatta di alti e bassi. Il punto è che nella società in cui ci troviamo a vivere oggi, a differenza del passato, questo stato di contentezza è visto sottotono; in altre parole, pubblicità e simili propongono la felicità di tipo “giovanile” come meta e non la contentezza. Quindi? Quindi se non compriamo la moto a cinquant’anni, non facciamo il giro del mondo in barca a vela, non abbiamo tette e culi a prova di gravità…non possiamo essere felici.

Tocchiamo ora la causa prima della felicità: la salute. Ebbene sì, il detto vuole che quando c’è la salute c’è tutto; l’importante è la salute; pensa alla salute. Ok, la salute è fondamentale per poter essere felici. Ma di quale salute parliamo? Mi spiego meglio: parliamo della salute oggettiva di un individuo, oppure della salute “percepita” dal soggetto. Eh sì, perché non sempre lo stato di salute effettivamente presente in un individuo corrisponde a ciò che lui percepisce, con la conseguenza di “malati immaginari” poco inclini alla felicità nonostante stiano bene e al contrario individui che hanno subito anche gravi incidenti che dopo tempo accettano la nuova condizione e sono felici di viaggiare verso nuovi standard, di progredire. Fattore importante, dunque, accanto alla salute è la personalità dell’individuo: apertura, estroversione, stabilità emotiva influiscono sulla qualità della felicità provata.

Ultimi tre fattori che incidono sulla felicità sono le amicizie e gli affetti, e più in generale una buona cerchia relazionale; l’attivismo, cioè l’essere coinvolto in attività che creano soddisfazione e interesse, di tipo lavorativo piuttosto che associativo, ludico o di volontariato (vi ricordate la depressione provata da Fantozzi una volta pensionato? E se pensate che il massimo dell’aspirazione oggi per gran parte di noi è l’andare in pensione…beh ve la dice lunga su come siamo messi!!!). Infine il matrimonio. E qui va sfatato un altro mito. Cioè che il matrimonio renda infelici. I risultati delle ricerche ci dicono (sarà vero?!) che anche nei matrimoni meno affiatati comunque il livello di felicità dei componenti supera in media quello dei single. Abbassano questa media i matrimoni particolarmente infelici, fonte di stress e di tensioni costanti tra i coniugi. Leggendo questo studio ho pensato: “devono averlo fatto parecchi anni fa…”.

Insomma, se avevano ragione Albano e Romina che la “felicità è un bicchiere di vino con un panino” allora è più vicina di quanto non si creda, semprechè non ci complichiamo la vita con le nostre stesse mani e come vino non si scelga un Sassicaia e nel panino ci accontentiamo di non metterci caviale ad ogni costo.

Mario Alberto Catarozzo

Formatore, Business Coach professionista e Consulente, è specializzato nell’affiancare professionisti, manager e imprenditori nei progetti di sviluppo e riorganizzazione.
È fondatore e CEO di MYPlace Communications, società dedicata al marketing e comunicazione nel business. Nella sua carriera professionale è stato dapprima professionista, poi manager e infine imprenditore. Per questa ragione conosce molto bene le dinamiche aziendali e del mondo del business. Si è formato presso le migliori scuole di coaching internazionali conseguendo le maggiori qualifiche del settore.
Collabora con Enti, Istituzioni e Associazioni professionali e di categoria e lavora con aziende italiane e internazionali di ogni dimensione, dalle pmi alle multinazionali.
È autore di numerosi volumi dedicati agli strumenti manageriali e di crescita personale e professionale. È direttore della collana Studi Professionali di Alpha Test Editore e autore de “Il Futuro delle professioni in Italia” edito da Teleconsul editore.
Professional Certified Coach (PCC), presso la International Coach Federation (ICF).
Per sapere di più sulle attività di formazione, coaching, consulenza e marketing visita i siti:

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Per info e contatti: coach@mariocatarozzo.it.