Ve lo ricordate Haward Cunningham di Happy Days? Siamo negli anni Sessanta e il papà di Richard e Jonie (“Sottiletta”, come la chiamava Fonzie) era solito andare alla Loggia del Leopardo, con tanto di mitico cappello in stile, per fare quello che allora era il marketing: esserci e far parlare di sè. Ok, eravamo oltreoceano, a Milwaukee, ma da noi non andava molto diversamente. Si coltivavano amicizie con il notaio del posto, con il direttore di banca, con il titolare dell’agenzia di assicurazione. Tutto era funzionale al nostro network di lavoro. Lo si faceva e non lo si chiamava marketing, ma di fatto anche quello lo era.
Anche da noi, poi, molti professionisti, sono iscritti a club e organizzazioni: dal tennis club, al Rotary, ai Lions. Anche qui buona parte della ragione risiede in logiche di marketing professionale. Insomma il comune denominatore è sempre stato per i professionisti il farsi conoscere e attrarre clienti attraverso passaparola. Era ciò che si sapeva fare, che non costava nulla (o quasi), in cui si era già bravi e soprattutto…ciò che si poteva fare.
Il canale era dunque unico e racchiudeva in sè il brand, il logo, la reputazione, l’immagine dello studio, l’attività di pr (public relation). Per decenni è andata così. Poi ad un certo punto le cose sono cominciate a cambiare.
Siamo alla fine degli anni Novanta e assistiamo a novità importanti che hanno cominciato a scuotere il “tranquillo” mondo professionale che sembrava lontano da logiche imprenditoriali o, tantomeno, commerciali.Ma cosa accade in questi anni? Il numero dei professionisti è in costante aumento; l’Italia assume una dimensione Europea con conseguente allargamento del mercato e nuova competizione anche oltrefrontiera; la normativa con il decreto Bersani sulle liberalizzazioni introduce la possibilità di svolgere attività promozionale per i professionisti; Internet si diffonde a macchia d’olio nella popolazione.
Dall’inizio del nuovo millennio Internet ha assunto un ruolo Sempre più importante nel business per imprenditori, commercianti, artigiani, servizi. Per i professionisti sembrava di no, finché anche per loro c’è stato uno scatto in avanti. E’ solo negli ultimi tempi, parliamo più di mesi che di anni, anche nel settore professionale si è cominciato a vedere la Rete come strumento di business: un modo nuovo per esserci, per farsi trovare e per mantenere le relazioni con chi è già cliente. I professionisti, restii ad ogni tipo di cambiamento che incida sulle abitudini consolidate, stanno assistendo ad un fenomeno che solo pochi anni fa sembrava remoto: il passaparola, il caro vecchio passaparola su cui si sono fondate le radici di generazioni di studi professionali, si sta spostando dalle piazze, dalle vie, dai negozi…al Web, luogo su cui un terzo della popolazione italiana intrattiene quotidianamente rapporti. Così, dati alla mano (Google Adwords in primis), si registrano milioni di ricerche in ambito professionale ogni mese nel nostro Paese tramite Google, nascono forum e blog di discussione tra utenti su tematiche professionali, sbocciano directory e i social network diventano le nuove piazze virtuali dove gli utenti si scambiano informazioni, sensazioni, consigli.
Insomma, se il nostro Haward fosse ancora tra noi, non uscirebbe più il lunedì sera per recarsi alla Loggia del Leopardo, si collegherebbe comodamente da casa col suo mac e forse Fonzie non farebbe più le riunioni nel suo ufficio (ve lo ricordate? aveva l’ufficio nei bagni del locale), ma avrebbe messo su una pagina di fan su Facebook.
Tempi che cambiano. Buona settimana a tutti!