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Perché le donne piangono e gli uomini si imbarazzano

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Perchè le donne sono portate a piangere più facilmente degli uomini? Perchè sanno instaurare rapporti empatici più velocemente dell’uomo? Perché sono più sensibili alle emozioni altrui e ne sanno cogliere con maggior capacità i segnali espressivi? Perchè le donne sono attente ai particolari e gli uomini no? Beh, altro che un post, qui ci vorrebbe un libro intero e infatti sull’argomento non ne mancano certo. Quello di Louann Brizendine “Il cervello delle donne” ve lo consiglio e vi consiglio anche la versione maschile “Il cervello dei maschi”.

Teorie antropologiche, sociologiche, psicologiche e neurobiologiche ne hanno cercato in lungo e in largo ragioni e fondamenti. Perchè allora? Perché il cervello femminile e quello maschile sono diversi, sono diversi i compiti a cui hanno dovuto far fronte nel corso dell’evoluzione umana e le differenze restano ancora lì, incise nel nostro cervello. I più recenti studi ne hanno confermato le differenze. Tanto per cominciare sembra che cervello femminile abbia una maggior concentrazione di neuroni specchio, i neuroni, per intenderci, che permettono di entrare in empatia con gli altri rispecchiandone, appunto, lo stato emotivo, che viene vissuto come proprio. Per questo le donne si commuovono più facilmente e riescono a cogliere sul viso altrui i segni del disagio, della sofferenza e dell’innamoramento. Il cervello femminile è dotato di maggiori connessioni nervose con gli organi di senso, per cui capta con maggior raffinatezza rispetto a quello maschile le incongruità, per esempio, tra ciò che viene detto, le parole, e il tono di voce o l’espressione del viso (paraverbale). Sarà per questo, per esempio che le donne sanno cogliere con maggior perspicacia i tradimenti sul viso dei propri compagni? Quegli indizi che non sono percepiti dal cervello maschile non sfuggono invece a quello femminile. Una parte del cervello chiamata insula e la corteccia cingolata anteriore, deputate alla valutazione delle emozioni, soprattutto quelle che rilasciano sensazioni negative, risultano di maggiori dimensioni nella donna. Essa è quindi portata a valutare con maggior rapidità le intenzioni e sensazioni altrui in modo che potremmo definire “viscerale“, nel senso che non compie “semplicemente” un’operazione cognitiva, razionale di interpretazione, ma sente fisicamente quando qualcosa non va. Da qui il nodo alla gola, la stretta allo stomaco, l’ansia o il disagio anche nel condividere l’emozione altrui che, facilmente, diventa propria. Le adolescenti, infatti, sono molto più avanti dei coetanei maschi per ciò che attiene lo sviluppo di tali capacità e sensibilità.

Se l’uomo tende a fuggire le emozioni, soprattutto quelle di disagio e sofferenza, la donna tende a viverle e dipanarle, darle un senso, trovarne una direzione e infine risolverle. Il cervello femminile può essere paragonato ad un radar di emozioni o, come lo ha definito Louann Brizendine, “una macchina emozionale ad alte prestazioni”.
Se il cervello maschile è più refrattario a cogliere segnali di sofferenza e di infelicità sul volto altrui, quello femminile è da questo punto di vista altamente evoluto. Ecco perchè al rientro in macchina da una cena a casa di amici possiamo assistere a questo dialogo: Lei “non li vedo per niente bene quei due”. Lui “io li ho visti benissimo, perchè? Lei “ma si vedeva lontano un miglio che lui ha un’altra, stava fingendo”. Lui “ma sono le tue solite elucubrazioni, sono felici insieme, è molto semplice”. Lei “cosa parlo a fare con te, tu non ti accorgeresti neppure delle cose che ti capitano sotto il naso”.
Secondo diverse teorie antropologiche evoluzionistiche la ragione di tali diversità tra cervello femminile e quello maschile, con conseguente diversi comportamenti sarebbe legato alle diverse funzioni che tali capacità avrebbero dovuto assolvere nelle fasi primordiali della vita dell’uomo, parliamo dell’uomo dell’età della pietra. Così, la maggior empatia sarebbe servita alla femmina umana per tutelare e curare la propria prole; la minor capacità empatica sarebbe la ragione prima per cui l’uomo poteva cacciare e quindi uccidere gli animali, ma perfino altri mammiferi della sua stessa specie, cosa che accade in guerra, per esempio. Per questa ragione l’uomo sarebbe dotato di maggior capacità di orientamento (su questo molte donne avrebbero da ridire, lo so), per poter far ritorno a casa dopo le battute di caccia.
Ma torniamo alle emozioni. Per attirare l’attenzione maschile che, come abbiamo detto, non brilla per sensibilità verso i segnali di sofferenza e disagio altrui, la donna avrebbe sviluppato come strategia il pianto. Della serie, se neanche così, vedendomi piangere, capisci che soffro, allora non ce n’è davvero! Ma questo atteggiamento ha un effetto collaterale, in quanto provoca nell’uomo disagio. Spesso infatti l’uomo si sente sopraffatto da questa emozione e sembra colto di sorpresa. Non sapendo infatti cogliere con la stessa abilità femminile i segnali prodromici, come la tensione del viso o le labbra serrate o l’espressione degli occhi, l’uomo si trova spesso di fronte ad una donna in lacrime come chi sbaglia strada si trova davanti ad un vicolo cieco. L’istinto, anche qui, è la fuga.
Vi è mai capitato di assistere ad una scena in pubblico dove lei piange e lui si guarda intorno imbarazzato e spaesato, per non dire infastidito? Sta vivendo una situazione di frustrazione e questo non gli piace. Nella stessa scena se invece di lui ci fosse un’altra lei, per esempio un’amica, questa si prodigherebbe con fazzoletti e abbracci sentendosi coinvolta emotivamente nella situazione. Non è colpa di nessuno, siamo diversi, la natura ha voluto così!
Questo spiega anche perchè per l’uomo i dettagli non contano e per la donna fanno la differenza, perchè nei due la memoria emotiva è molto diversa e le donne ricordano molto più a lungo certe emozioni, nonchè l’elaborazione della vendetta e dell’ira. Ma queste sono altre storie di cui ci occuperemo in un altro post, per ora ci basti quanto abbiamo visto per fare la pace. Non ce l’abbiate troppo con noi, noi in fondo ce la mettiamo tutta (o quasi) è la natura che ci rema contro quanto a sensibilità.

Un abbraccio a tutte le donne come calumet della pace.

Mario Alberto Catarozzo - Founder Partner & CEO MYPlace Communications

Mario Alberto Catarozzo

Formatore, Business Coach professionista e Consulente, è specializzato nell’affiancare professionisti, manager e imprenditori nei progetti di sviluppo e riorganizzazione.
È fondatore e CEO di MYPlace Communications, società dedicata al marketing e comunicazione nel business. Nella sua carriera professionale è stato dapprima professionista, poi manager e infine imprenditore. Per questa ragione conosce molto bene le dinamiche aziendali e del mondo del business. Si è formato presso le migliori scuole di coaching internazionali conseguendo le maggiori qualifiche del settore.
Collabora con Enti, Istituzioni e Associazioni professionali e di categoria e lavora con aziende italiane e internazionali di ogni dimensione, dalle pmi alle multinazionali.
È autore di numerosi volumi dedicati agli strumenti manageriali e di crescita personale e professionale. È direttore della collana Studi Professionali di Alpha Test Editore e autore de “Il Futuro delle professioni in Italia” edito da Teleconsul editore.
Professional Certified Coach (PCC), presso la International Coach Federation (ICF).
Per sapere di più sulle attività di formazione, coaching, consulenza e marketing visita i siti:

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Per info e contatti: coach@mariocatarozzo.it.