Di recente ho partecipato ad un seminario di aggiornamento giuridico. Un pomeriggio intero, quattro ore fitte fitte. Dopo mezzora temevo già come si sarebbe svolto il resto del pomeriggio. Le premesse non erano delle migliori. Il relatore apre il seminario seduto saldamente al suo posto, come timone il portatile, che per il resto del pomeriggio si dimostrerà il suo miglior alleato, anzi il suo miglior interlocutore, dal momento che buona parte del tempo la passerà a fissare lo schermo mentre legge tratti della normativa e spiega tabelle e schemi accuratamente preparati.
Passata la prima ora, comincio ad osservare le reazioni dei partecipanti. Alcuni intercalano con sbadigli i minuti che passano, altri mandano sms, altri hanno la palpebra a metà, complice la digestione in atto e un clima in aula perfetto per una pennichella o giù di lì. Alcuni super motivati vedo che cercano di seguire prendendo freneticamente appunti e quindi fissando intensamente le slide proiettate sul grande telone bianco. Nel dubbio di ricevere o meno gli appunti, meglio prenderli.
Del relatore, della sua personalità, al momento non c’è traccia. Preparato, su questo non c’è dubbio. Una quantità di dati normativi snocciolati a pioggia invadono le menti degli ascoltatori.
A questo punto non riesco più a seguire, nonostante i tentativi e, deformazione professionale, cerco di utilizzare al meglio la situazione osservando, cercando di capire cosa non sta funzionando.
Il contatto tra il relatore e l’audience manca del tutto, non si è mai instaurata, a dire il vero. Quindi manca il supporto emotivo, il clima in aula per veicolare con efficacia qualunque contenuto e messaggio. Manca, in sostanza, il coinvolgimento.
Eppure dice cose interessanti, è il tono di voce a non aiutare. Sono quasi due ore di mono-tono, di voce impostata, calma ma sempre uguale. Poche pause, ritmo lento e sempre, tutto, noiosamente cantilenante.
Finalmente sento una novità che interrompe il ritmo: “Pausa caffè ora, ci vediamo tra quindici minuti”. Mi alzo per sgranchirmi le gambe e fare quattro chiacchiere con gli altri. Non siamo neanche pochi, ora noto. Almeno una cinquantina. Tutti in silenzio defluiscono dall’aula verso l’agognato caffè a cui si chiederà aiuto per affrontare la seconda parte.
Sento qualche scambio di parole e più di uno si chiede se alla fine ci daranno degli appunti oppure se stanno facendo bene a segnarsi quanto più possono per avere traccia delle novità. Tutti commentano che è interessante l’intervento, certo un po’ noioso, ma tant’è.
Si riprende e il copione non cambia: seduto dietro il computer l’unico gesto che si sente è il dito che manda avanti le slide. Finito il seminario un timido applauso decreta il gong e si va tutti via, con un attimo di attesa per la risposta alla domanda dal centro della sala: “Ci manderà delle slide?”. Secco si sente un “avrete una dispensa in pdf che vi verrà inviata via mail”. Beh, almeno quello solleva l’animo e si va.
A molti professionisti capita di dover parlare in pubblico a platee più o meno vaste. A tutti è capitato di parlare in riunioni con collaboratori o clienti. Saper condividere informazioni, saper trasmettere messaggi comporta innanzitutto il mantenere viva l’attenzione, il coinvolgere l’audience e farla sentire parte attiva. In tutto ciò giocano un ruolo importante la gestualità, come si usano le mani per sottolineare concetti, ancorarli nello spazio, condurre la vista e la mente dei partecipanti. Importante è l’uso della voce, saper cambiare tonalità per sottolineare concetti, saper costruire frasi brevi e unire silenzi a momenti di verve. Per non parlare dell’importanza di saper gestire lo spazio intorno a noi, in piedi davanti alla platea senza tuttavia sembrare una trottola o una canna al vento.
Chi ci ascolta vuole essere attratto non solo da ciò che stiamo dicendo, ma anche da come lo facciamo. Così, usare la tecnica delle metafore, il racconto, gli esempi, un aneddoto e un po’ di humor intelligente può fare la differenza tra chi si limita a leggere le slide e a trasferire piatto piatto un contenuto e chi lo rende interessante e coinvolgente.
Insomma, il bel public speaking è un’arte e per l’audience è una manna dal cielo!