Siamo alla seconda puntata del nostro viaggio nell’organizzazione dello studio professionale. Abbiamo visto nella puntata precedente quanto sia utile oggi per un’organizzazione di lavoro efficace ed efficiente avere almeno tre strumenti organizzativi:
- ORGANIGRAMMA
- FUNZIONIGRAMMA
- PROCEDURE
Oggi tratteremo il primo dei tre, l’organigramma.
L’organigramma è quel documento (rigorosamente redatto per iscritto!) in cui vengono riportare le relazioni gerarchiche dei componenti dell’organizzazione. Anche laddove ciò sembri chiaro o scontato, l’organigramma va fatto.
L’organigramma è utile anche negli studi con pochi collaboratori?
Sì, assolutamente! Da tre componenti in poi l’organigramma è indispensabile, perché serve a mettere ordine nei rapporti, a fare chiarezza ed evitare così equivoci che procurano solo malumori e stress.
Come si forma l’organigramma di studio?
Per comporre l’organigramma dovete rispondere a questa domanda: chi riporta a chi? Oppure: chi è il capo di chi? L’organigramma si sviluppa partendo dall’alto e delineando le relazioni gerarchiche di responsabilità tra i componenti. Mi raccomando, nel comporre l’organigramma considerate anche le relazioni orizzontali (o apparentemente tali) dei componenti dell’organizzazione. Per esempio, in uno studio di 4 persone, con a capo il titolare, un suo collaboratore senior e due junior, l’organigramma dovrà rispondere alla domanda: chi è il capo al vertice della piramide, che ha potere decisionale (quindi economico, disciplinare etc.) su tutta l’organizzazione? Il titolare. Bene, e il collaboratore senior a chi riporta? Solo al titolare, per esempio. Ottimo, passiamo ora ai due collaboratori junior. A chi riportano? O, se preferite: chi è il loro responsabile diretto, colui che può delegare attività, che deve dare i feedback per ciò che hanno fatto, che ha potere decisionale sulle loro attività? Il collaboratore senior. Bene, e che relazione c’è tra le seconde linee e il titolare?
Primi problemi se non è ben chiaro l’organigramma
Potrebbe capitare (e nella realtà è tipico) che il titolare salti regolarmente il suo collaboratore senior e deleghi attività ai junior. Cosa potrebbe accadere in questo caso? Che i junior si vedrebbero delegare attività da due soggetti diversi, non coordinati tra di loro e con stili diversi. Ecco che il senior perderebbe velocemente il polso della situazione, non sapendo più il carico di lavoro che i due junior hanno, perché non sa cosa il titolare ha delegato loro. Si potrebbe così veder rispondere dai junior che non hanno tempo, che hanno una urgenza da risolvere per il titolare, per cui non possono dare seguito alla richiesta del loro capo diretto, il collaboratore senior.
Ecco i primi due problemi:
- mancanza di controllo della situazione da parte del senior sui junior, di cui è il riporto diretto;
- difficoltà a delegare perché si vede rispondere “no”, senza sapere se è un “no” fondato o una scusa o alibi.
Conseguenza? Frustrazione del senior, che dopo poco comincerà a rinunciare alla delega e farà da sé e confusione nell’organizzazione e nello svolgimento delle attività.
A questi due problemi principali ne seguiranno altri:
- malumori e conflitti nelle relazioni gerarchiche
- discussioni tra i junior, perché i carichi di lavoro sono ritenuti non “equi”
- stress crescente
- alla lunga demotivazione
- turnover dei collaboratori che si sentono “mal gestiti”.
Vediamo una soluzione efficace
Per risolvere (o prevenire) questo problema, la soluzione migliore è di mettere giù l’organigramma e di chiarire tra tutti gli attori con precisione quale deve essere il flusso delle relazioni, cioè come devono essere gestite le relazioni gerarchiche appena definite.
In questo caso, si potrebbe decidere che il titolare debba avere come unico referente il collaboratore senior e che poi sarà lui (e solo lui) a delegare e organizzare le attività per i junior. In tal modo il collaboratore senior:
- avrà un maggior polso della situazione;
- si sentirà di ricoprire un ruolo “pieno”;
- potrà dimostrare, assumendosi la piena responsabilità, le proprie abilità manageriali nella gestione dei collaboratori, senza trovare come alibi il fatto che viene sistematicamente saltato dal titolare, inficiando così il proprio lavoro organizzativo;
- potrà delegare con efficacia.
Come funziona l’organigramma nelle relazioni orizzontali
L’organigramma non serve solo a mettere ordine nelle relazioni gerarchiche verticali. Serve anche a chiarire eventuali poteri di delega, di controllo, di responsabilità nelle relazioni “apparentemente” orizzontali.
Tra i due junior, per esempio, quale sarà la relazione nell’organigramma? Quindi proviamo a rispondere alla domanda: Tizio e Caio, i due collaboratori junior, che apparentemente sono affiancati e fanno le stesse cose, sono parigrado, oppure su determinate attività, clienti, procedure, uno deve riportare all’altro, che ne ha conseguente potere di controllo/delega/o altro?
Un caso per tutti
L’esempio classico di questa situazione appena descritta è rappresentato, negli studi un po’ più strutturati, dai team che vengono formati per seguire un deal importante. In questo caso, si forma un team di lavoro, con diversi specialisti, che hanno poteri decisionali e organizzativi diversi in relazione al deal che devono portare a termine. Quanto è importante qui capire chi è il responsabile della procedura, chi batte i tempi, chi può avanzare richieste etc.? È fondamentale, se si vogliono evitare problemi relazionali, litigi, errori, affanni, stress inutile.
Ultima raccomandazione per l’organigramma
Quando formiamo l’organigramma di studio, ricordiamoci che è ben diverso dal funzionigramma, di cui parleremo nella prossima puntata. Il funzionigramma, infatti, si forma rispondendo alla domanda: “chi fa che cosa?”. Nell’organigramma non stiamo considerando ancora le attività che ciascuno deve svolgere, quindi le funzioni, ma stiamo lavorando sui ruoli. Funzioni e ruoli non sono la stessa cosa. Se vogliamo capire qual è la relazione tra ruolo e funzione, possiamo immaginare che il primo è un insieme che comprende il secondo. Tutti i ruoli si compongono di funzioni, ma non tutte le funzioni hanno un ruolo. I ruoli attengono ai poteri e corrispettive responsabilità (come due facce di una stessa medaglia). Le funzioni attengono alle attività che ciascuno è chiamato a compiere, magari con ruoli diversi.
E per finire passate all’azione
In conclusione, l’organigramma in studio deve avere tre caratteristiche fondamentali per essere fatto bene:
- essere fatto per iscritto
- essere chiaro, cioè ben delineato, senza approssimazioni o zone grigie;
- essere condiviso con i collaboratori, cioè tutti devono conoscerlo e quindi sapere la stessa cosa (non che qualcuno pensava che, aveva capito che, immaginava che)
Bene, ora passate all’azione. Come primo step, mettete tutti i vostri collaboratori in sala riunione con un foglio e una penna davanti. Dategli 5 minuti e chiedete loro di mettere per iscritto, in base a quanto loro sanno/hanno capito, l’organigramma di studio. Spiegate loro che non devono rispondere alla domanda “chi fa che cosa”, ma alla domanda “chi è il capo di chi”, “chi risponde a chi”, “chi ha potere di delega/controllo su chi”.
Poi raccogliete le risposte di tutti e partite da lì per la stesura del nuovo organigramma.
Fate brainstorming e chiedete alle persone quali sono i maggiori problemi limitatamente a questo discorso che trovano ogni giorno.
Ora passate all’azione con il nuovo organigramma.
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