I due sentimenti di base dell’essere umano sono la paura e l’amore, o più in generale il desiderio di un vantaggio che produca per noi benessere. Al tavolo negoziale siedono due (o più) esseri umani. Per proprietà transitiva, quindi, sono essi portatori di paure e desideri. Tanto che ci si trovi di fronte ad una negoziazione di business, quanto ad un conflitto da negoziare, questi due sentimenti di fondo determineranno l’atteggiamento di entrambi.
Molto spesso entrambi sono inconsapevoli dei propri sentimenti, che si agitano nel profondo di ciascuno e che determinano, come fili invisibili che muovono burattini, le loro azioni. Ciò che invece appare (e sottolineo APPARE) chiaro a ciascun di essi, è il comportamento esplicito tenuto al tavolo negoziale, quindi ciò che l’altro fa e dice.
Ma ciò che noi facciamo e diciamo il più delle volte sono solo pretesti, cioè solo la parte superficiale delle motivazioni che ci spingono ad agire in un certo modo. La conseguenza è spesso la trattativa viene condotta su pretesti, su dichiarazioni di principio, prese di posizione, obiettivi in realtà non corrispondenti alle reali esigenze e necessità delle parti. Questo “semplicemente” perché non ne sono consapevoli e a volte perché non vogliono per qualche ragione dichiararle e quindi portarle a conoscenza dell’altra parte. Ad esempio, due coeredi che non riescono a mettersi d’accordo condurranno la loro trattativa (e coinvolgeranno in questi termini anche i propri legali) solo sul piano economico, senza fare menzione, invece, delle reali esigenze che li spingono a comportarsi in un certo modo aggressivo o intransigente, quali ad esempio un senso di rivalsa, di giustizia, oppure il rancore per un vecchio torto subito e così via. I soldi sono un pretesto, semplicemente una sublimazione della vera ragione del rancore. Ecco perché parlando di soldi non si riesce a trovare il punti di incontro, l’accordo, perché non è la vera ragione del contendere, o non l’unica.
Allo stesso modo, in una negoziazione di business possiamo trovare due imprenditori che non riescono a trovare il punto di incontro in una compravendita di azienda perché la trattativa viaggia solo sugli aspetti strettamente quantitativi: beni, avviamento, mercato, clientela, senza tener conto del lato affettivo che per chi vende accompagna ciò che è stato un pezzo della propria vita. Quella parte non è quantificabile e quindi se non trova adeguato spazio e riconoscimento non può essere soddisfatto dal semplice elemento economico.
Ogni qual volta in una trattativa troviamo il nostro interlocutore particolarmente aggressivo e critico, invece di reagire allo stesso livello con l’atavico sistema di “attacco/fuga”, proviamo invece a chiederci cosa lo spinge a comportarsi così. Scopriremo infatti che la paura sta giocando la parte del leone nella trattativa. Di cosa avrà mai paura? Non lo sappiamo finche non siamo disposti ad indagare, a fare domande, ad ascoltare con interesse, a comprendere il suo punto di vista e a parlare non di pretesti ma di qualcosa di profondo, di motivazioni, esigenze, necessità. Potremo così scoprire, per esempio, che l’atteggiamento aggressivo nasconde la paura del fallimento, di sentirsi debole, di fare brutta figura, di non essere all’altezza, di dover rendere conto a qualcuno del proprio operato, di essere criticato, di diventare povero, di perdere credibilità e così via.
Finché dunque accetteremo di fermarci solo alla parte visibile, esplicita, rischiamo di perdere tempo, di farci il sangue amaro, di non trovare l’accordo, semplicemente perché stiamo parlando di altro. È come se volessimo risolvere un problema una volta che si accende in macchina la spia sul cruscotto. Se agiamo sulla spia non ne verremo a capo. La spia è solo ciò che ci fa capire che manca, per esempio, benzina. Dovremo quindi agire andando alla fonte, rimpinguando la benzina nel serbatoio, non prendendo a martellate la spia della benzina. Molto spesso, invece, durante il negoziato, ciò che ci limitiamo a fare è prendere a martellate le spie che l’altro ci da con le sue parole e atteggiamenti, senza andare invece ad indagare le reali motivazioni che ci permetteranno di addivenire ad una soluzione utile ad entrambi.
A presto e buon lavoro!.