I grandi manager conoscono bene le biografie dei più famosi strateghi della storia. Uno per tutti fu Napoleone. Non lasciò mai nulla al caso. Capì che la fortuna poteva essere inglobata nella strategia e diventare forza propulsiva controllata e non casuale. La sfortuna, a sua volta, poteva essere gestita se non evitata. La sua forza consisteva nel saper adattare in corso d’opera le proprie scelte. Niente scuse, niente alibi. Solo mutate condizioni che grazie ad un’attenta pianificazione conseguente ad un accorto studio del territorio, delle condizioni climatiche e dell’avversario gli permettevano di non essere colto di sorpresa, non completamente, almeno.
Fu audace, conquistò e governò. Fu rivoluzionario, su tutto, sulle strategie e sulla pianificazione. Napoleone valutava le diverse opzioni, considerava i diversi scenari e le conseguenti soluzioni. Un unico grande piano fatto di tanti piccoli scenari mutevoli, fluidi, variabili considerati e affrontati a tavolino, per quanto possibile.
Sapeva che la pianificazione riguardava comunque un momento di “teoria”, lontano dalla realtà che come tale è e rimane non completamente prevedibile. Ma i muscoli, così facendo, sono allenati e i riflessi pronti. I muscoli mentali, ovviamente.
Sapeva Napoleone di avere a che fare con persone, esseri umani volubili, deboli e imprevedibili. Ciò tanto per le proprie truppe quanto per le truppe avversarie. Con questo aveva imparato a fare i conti: l’imprevedibilità dell’essere umano e degli eventi. Ma a questa imprevedibilità aveva imparato a far fronte, a domarla nelle sue previsioni.
Quindi parola d’ordine nei suoi piani era “flessibilità”. Capacità e velocita nell’adeguare alle circostanze le strategie. Tutto il tempo passato a studiare e pianificare non deve portare ad ingessare le nostre scelte e il nostro modo di agire, bensì esattamente il contrario, a renderlo più malleabile, scomponibile e ricomponibile in mille vesti. Tutto, purché sia funzionale ai nostri piani, ai nostri obiettivi.
Chi è lungimirante non agisce dunque in base al contesto, ma nonostante il contesto. Crea le condizioni e sa resistere alle avversità. Non scarica su altri le colpe, ma sfrutta le informazioni, anche le più avverse, per rinforzare la propria azione.
Bene, mi direte, tutto ciò cosa c’entra con il professionista del 2012? Quel povero malcapitato che si è trovato a cavallo, suo malgrado, tra i mutamenti epocali di un mondo, professionale e non, cristallizzato da un lato e imprevedibile dall’altro?
C’entra, c’entra. Se un tempo – fino al 2009 circa – il professionista poteva ancora permettersi di agire ad istinto, senza pianificare, senza conoscere bene il territorio su cui si muoveva, il mercato e i concorrenti, ora non è più così. E chi sopravviverà, per dirla alla Charles Darwin, non è lo studio più forte, non il professionista storico, bensì quello più adattabile, flessibile, agile. E chi è il più adattabile? Colui che ha la capacità di modificare in corsa la propria azione. Colui che ha l’apertura mentale verso nuove soluzioni. Colui che non si arrocca su vecchie posizioni, ma capisce che deve innovare, sviluppare, modificare. Colui che invece di spendere il tempo a preoccuparsi, lamentarsi o difendere situazioni datate, investe il proprio tempo ad acquisire nuove conoscenze e competenze. Colui che invece di guardare immobile lo scenario intorno che cambia, entra in sintonia con i cambiamenti e cambia insieme a loro.
Se Napoleone fosse tra di noi oggi studierebbe con attenzione lo scenario prima di muoversi. Analizzerebbe le truppe a disposizione prima di pianificare. Ascolterebbe gli umori dei suoi uomini prima di mettersi in marcia.
Fate qualcosa di simile in studio da voi? Vi fermate mai a studiare le vostre risorse? A confrontarvi coni vostri uomini? A capire meglio lo scenario che vi avvolge? A pianificare azioni in funzione di obiettivi precisi?
No?! Allora leggetelo, il grande Comandante, è più attuale di molti esperti nostrani. Sarà illuminante, come solo i grandi personaggi della storia sanno essere fuori dalle epoche e dai contesti.