Si parla molto ultimamente di leadership come della capacità di chi è capo di un gruppo, di un’organizzazione, di indicare la strada e condurre fuori dalla crisi. Il leader è colui che vede la strada dove gli altri non riescono ancora a vederla; colui che sa trovare le soluzioni più indicate al contesto per giungere a risultati. Il vero leader positivo è colui che non impone le scelte, ma le condivide con la giusta assertività e determinazione, spiegandone le ragioni e soprattutto i benefici futuri; è così che i leader generano vision nei loro followers. La storia è ricca di leader carismatici, persone che hanno convogliato diverse abilità e attitudini che insieme hanno prodotto il necessario carisma per guidare gruppi o intere nazioni verso passaggi storici. Lo stesso è accaduto migliaia di volte anche in contesti organizzativi più ridotti, quali possono essere quelli di aziende o studi professionali.
La leadership è un’attitudine costituita da diverse competenze e aspetti, uno di questi è sicuramente l’ottimismo. So che l’argomento può sembrare a molti “banale” o “semplice”, ma ad un’analisi più approfondita così non è.
Ottimismo non vuol dire essere slegati dalla realtà, buontemponi, o approssimativi. Così come pensiero positivo non vuol dire un atteggiamento new age dove ci vogliamo tutti bene e siamo più buoni col prossimo. Posto che anche tali caratteristiche sarebbero ben accette, ma in questo momento non è di ciò che stiamo parlando.
L’ottimismo è un’attitudine, un modo di affrontare le sfide e le situazioni della vita che ci si parano davanti. È la capacità di cogliere gli aspetti positivi delle situazioni (in ciò si sovrappone al pensiero positivo) e soprattutto nella convinzione che alla fine andrà tutto bene, che saremo in grado di trovare la strada là dove non c’è ancora. Ottimista è colui che ha fiducia negli altri, che ha fiducia nel fatto che lavorando con dedizione, passione e competenza i risultati arriveranno. Il leader ottimista è colui che crede nel miglioramento suo, dei suoi collaboratori e del team nel suo insieme. L’atteggiamento ottimista è di colui che crede che dal confronto con i propri collaboratori possano emergere soluzioni e idee nuove. Ottimista è colui che sa prendersi cura del sistema e che così facendo il sistema si prenderà cura di lui. Il leader ottimista sa che lavorando sulla motivazione dei collaboratori, sull’ascolto attivo, sui feedback, i risultati arriveranno. L’ottimista ha in sé forza, autostima e rispetto degli altri. Non è accondiscendente, ma è pronto a cambiare perché ascolta, è vivo ed è aperto al miglioramento, da qualunque parte arrivi.
Spesso, molto spesso, i leader e i capi, nelle piccole come nelle grandi organizzazioni, scelgono la via del “pessimismo” chiamandolo “realismo”, più per giustificare perché non si possono fare le cose, perché le cose non vanno bene, che per trovare soluzioni che costano fatica, creatività e soprattutto presuppongono capacità visionarie e coraggio.
Chiediamoci come si possa dirigere, coinvolgere e far emergere le migliori energie dei nostri collaboratori, per esempio in Studio, se non siamo i primi ad attivarle, a crederci, a dare l’esempio. Parlare continuamente di crisi, di difficoltà, paventando scenari catastrofici (anche laddove corrispondano a trend reali) in che modo potrà aiutare noi e il nostro team? Dove ci porterà focalizzarci su questi aspetti? Quale risultato otterremo sul nostro gruppo di lavoro evidenziando sempre queste difficoltà? Sarà questa la vera strada per venirne fuori e introdurre questi cambiamenti fondamentali per restare competitivi sul mercato professionale?
Non sarà meglio (più strategico e funzionale) cominciare a chiederci, stante le condizioni che ci sono, come possiamo fare per, cosa possiamo introdurre di nuovo, su cosa possiamo puntare di più, cosa possiamo smettere di fare del tutto?
Buon lavoro e grinta, con ottimismo!