In un bellissimo seminario tenutosi presso la Camera Arbitrale di Venezia, dedicato all’aggiornamento dei mediatori civili e commerciali, abbiamo parlato dell’importanza del primo incontro nella procedura di mediazione civile e commerciale, tanto più alla luce delle recenti novità in merito.
I temi della giornata
- Qual è il reale obiettivo del primo incontro di mediazione?
- Come è più opportuno e strategico comportarsi per il mediatore?
- Cosa deve indagare il mediatore in quella fase? Come?
- Quali sono le domande utili per diventare una reale guida per le parti nel loro processo decisionale?
- E ancora: come vengono prese le decisioni dalle parti in mediazione?
- Che ruolo hanno i rispettivi legali?
- Come creare empatia?
- Come creare alleanza con i legali di parte, invece di averli come ostacolo?
Le 4 ore di seminario sono state guidate da questi temi, con confronti, analisi, risposte.
Qual è l’obiettivo del primo incontro di mediazione?
Abbiamo così definito l’obiettivo del primo incontro: mettere le parti in condizioni di poter decidere quale percorso intraprendere. Certo – mi direte – questo lo sapevamo già. Il punto è che molto spesso nei corsi si punta solo sugli aspetti cognitivi, cioè si sottolinea quanto sia importante spiegare alle parti arrivate in mediazione come si svolgerà il percorso, i costi, la procedura, i vantaggi, cos’è la mediazione. Ci si dimentica in questo modo che di fronte noi abbiamo delle persone che, come tali, sono fatte di emozioni. Queste non conoscono non solo la mediazione e la procedura, ma prima ancora non conoscono noi mediatori, come persone e come professionisti. Perché dovrebbero affidarsi a noi? Ecco che viene fuori la parola magica: affidarsi. La fiducia non è qualcosa di razionale, bensì emotiva, come le scelte che gli esseri umani fanno, piaccia o no. Noi siamo esseri razionalizzatori, non razionali. Facciamo scelte emotive, inconsce, di istinto…e poi passiamo tempo a darci, e dare, buone giustificazioni a supporto di quanto abbiamo deciso. Questo accade negli acquisti di beni… ma anche di servizi. Ci illudiamo di aver ponderato tutto bene, di aver chiesto informazioni, di aver valutato, in realtà molto peso lo assume il carico emotivo, spesso inconscio e profondo.
Tornando alla mediazione, prima di partire in quarta snocciolando articoli, commi, procedure, costi ecc. (utilissimi, sia ben chiaro, ma non centrali in questa fase per la decisione del procedere o meno) dobbiamo chiederci:
- Cosa stanno provando le parti giunte in mediazione?
- Cosa sanno di me?
- Cosa auspicano per la loro vicenda?
- Cosa sanno del giudiziale?
- Quali convinzioni, pregiudizi le accompagnano?
- Cosa potrebbe aiutarli in questo momento?
- Se sono emotivamente turbate, come posso aiutarle a recuperare l’equilibrio necessario per poi passare alla fase cognitiva, in cui potrò spiegare ed essere seguito?
Ecco, queste alcune delle domande che ci dovremmo porre (dialogo interno) e in funzione delle quali dovremo agire per accogliere, creare empatia, creare fiducia, tranquillizzare i nostri interlocutori e poi, in un secondo momento, recuperata l’omeostasi emotiva, procedere con le spiegazioni.
L’errore da non commettere
Partire in quarta a spiegare, scaricando informazioni maldestramente su persone non pronte a riceverle e magari non interessate (ancora) a farlo, sarebbe deleterio per il prosieguo del percorso mediativo.
Dunque, lavorate prima sulle emozioni delle parti, sulla fiducia, sul creare sintonia, sull’accoglienza, fate tante domande e ascoltate con attenzione, in questa fase non vi interessa ricostruire i fatti, entrare nella vicenda, cercare soluzioni, ma solo far parlare per capire, conoscere, creare contatto e guidare le parti verso scelte utili e appellino. Siete in questa fase degli investigatori, non dei risolutori di problemi.
Per essere bravi mediatori non bisogna fare il “compitino”, seguire uno script, recitare un copione; bisogna dedicare se stessi alla situazione, mettersi realmente in gioco al servizio di chi ci sta davanti e non solo connettersi razionalmente, cognitivamente con l’altro, ma anche emotivamente, anzi, soprattutto.
Buon lavoro!