Il modo migliore per ottenere risultati è dargli una scadenza. Un’altra, direte voi? Viviamo di scadenze e adesso eccolo qui un altro che ci parla di scadenze. Basta, non ne possiamo più! Avete ragione, nulla da dire. Se non fosse che la scadenza di cui stiamo parlando non è quella della notifica dell’atto, del deposito del bilancio o del pagamento dell’Iva. Non è, in altre parole, una scadenza imposta dall’esterno, dagli altri. Di queste, effettivamente, ne abbiamo abbastanza. La scadenza, o se preferite il timing (come viene chiamato nel coaching per definire “obiettivi ben formati”), in questo caso lo abbiamo fissato noi, fa parte della nostra programmazione, della nostra organizzazione. Tutto ciò che è senza una scadenza è un desiderio, una dichiarazione di intenti, un atto di buona volontà, di buoni propositi, ma come tali resteranno, buoni propositi. Ogni qual volta ci diciamo “appena ho tempo”, “quando ho un attimo”, “non appena mi libero” ecco che ci stiamo dolcemente illudendo. La realtà è che quell’attimo non arriverà mai e l’oggetto del nostro buon proposito andrà a fare compagnia alle decine, centinaia di cose desiderate/da fare e non fatte della nostra vita, professionale e personale. Quella stanza dei buoni propositi è per tutti noi ricca, ricchissima di oggetti, luoghi, persone, attività…mai realizzate. Perché? Perché quell’attimo non esiste realmente; quel tempo che seguiva l’ “appena” è rimasto solo lì ad aspettarci.
Si può far diversamente? È possibile svuotare pian piano questa stanza e riempire quella accanto, dei risultati, delle cose programmate e fatte, degli obiettivi raggiunti, dei desideri realizzati? Certo, si può. Cominciamo a non prenderci più in giro da soli. Se vogliamo una cosa la dobbiamo programmare e inserire, con tanto di data e scadenza. È il diritto di cittadinanza che diamo a ciò che realmente vogliamo incontrare. Tutto il resto sono bellissime, fantastiche chiacchiere.
La stessa cosa poi vale con i nostri interlocutori, collaboratori, colleghi, clienti. Ho imparato presto che ogni qual volta mi si dice “vediamo”, “ci provo”, “faccio il possibile” vuol dire NO. Vuol dire “non vengo”, “non lo faccio”, “non ci sarò”, “ho altro da fare”. Ricordo un mio vecchio capo che di fronte ad un nuovo progetto o proposta usava questa espressione: “dormiamoci sopra”. Beh penso che sia ancora lì, caduto in un lungo interminabile letargo…
Dunque ogni qual volta vogliamo davvero fare una cosa (o vogliamo che venga fatta), raggiungere un risultato la prima buona regola è dargli un timing, stabilire quando la farò o entro quando. Mi raccomando precisi, non del tipo “entro fine anno”…
Altra buona regola è (se possibile) cominciare subito, cioè agire subito, mettere in pratica. Più tempo ci vorrà a mettersi in moto e più sarà difficile. Di solito la nostra mente ci rappresenta le situazioni e i cambiamenti peggio di come in realtà sono, per cui più ci staremo a pensare e più li renderemo giganti.
Infine, usiamo la vision: per motivarci, cercare di immaginare come ci sentiremo, come sarà quando avremo raggiunto il nostro obiettivo; sarà questa vera benzina per muoversi e per rimanere saldi sulla strada verso la meta.
Tutto ciò vale sia con noi stessi, sia con i nostri collaboratori. Se ho un team da gestire, più saprò dare scadenze precise entro cui voglio i risultati, più saprò creare una vision motivante per i collaboratori e più il team reagirà organizzandosi e trovando soluzioni utili allo scopo.
Ricordiamoci sempre, infine, che di fronte ad un obiettivo chiaro, le limitazioni di tempo comportano una maggior motivazione ad agire. Il che in pratica vuol dire dare fondo a tutte le nostre potenzialità e capacità di ottimizzare energie e risorse, cosa che, altrimenti, senza esserne “costretti” dalla scadenza, non faremmo mai.
Ah dimenticavo: in mezzo tra le due stanze, quella dei buoni propositi e quella dei risultati programmati, ce n’è una terza, messa lì, poco evidente: è la stanza dei risultati raggiunti…che non abbiamo né programmato né preventivato. È la stanza delle casualità. È tutto ciò che mentre eravamo impegnati a fare altro abbiamo realizzato o ci è capitato. Niente di male, si intende. Anzi, alcuni sono risultati per noi positivi, meglio che si li avessimo programmati; altri, tuttavia, meno, e spesso sono la somma di questi a delineare a ritroso il nostro cammino e in avanti il nostro percorso.
Bene, d’ora in poi “appena ho un attimo” non farà più parte delle nostre opzioni organizzative, lasciamolo a chi di attimi che non arrivano mai vuole ancora farne collezione.