Oggi la creazione della reputazione (reputation) per il libero professionista è una questione più complessa di un tempo. Se in passato l’immagine e la reputazione dell’avvocato, del commercialista, del consulente del lavoro, del notaio, viaggiavano dall’ufficio al tribunale, dalla riunione col cliente alle relazioni tenute insieme dai caffè, dalle cene e dalle relazioni intessute con colleghi e conoscenti, oggi tutto ciò non basta più. Restano importanti, certo, ma non sufficienti. Il web ha raggiunto anche il mondo professionale e lo sta facendo con la velocità che gli è propria. Dove ci condurrà questo trend non lo possiamo sapere, certo è che va preso atto del cambiamento e le nuove tecnologie, Internet in primis, vanno a questo punto conosciute e sfruttate a proprio favore anche dal libero professionista, che fino ad oggi era rimasto tendenzialmente a guardare non sentendosi coinvolto da questo nuovo modo di fare business e di relazionarsi. LinkedIn, Twitter, Google+, Facebook, Viadeo, Xing – solo per citarne alcuni – sono le nuove piazze, i nuovi caffè, il nuovo modo di tenersi in contatto, di farsi conoscere, di informarsi, di confrontarsi. Gruppi di colleghi, gruppi di clienti, forum, blog sono i nuovi luoghi di incontro. Certo l’Italia, rispetto ad altri Paesi, soprattutto di cultura anglosassone, è ancora un po’ indietro, ma sta recuperando e anche da noi ogni giorno aumentano i clienti che cercano i propri consulenti on line, oppure che cercano contenuti e spiegazioni.
Come più volte abbiamo sottolineato, esserci però non basta. Avere un sito non è sufficiente se è poco curato o efficace. Scrivere in un blog, oppure utilizzare i social media può essere addirittura controproducente per la propria immagine e reputazione se fatto male, in modo approssimativo, senza conoscerne le dinamiche e soprattutto senza avere consapevolezza di cosa vogliamo trasmettere di noi e a chi vogliamo rivolgerci.
In particolare, per chi intende utilizzare i social media, sarà indispensabile attestarsi su una materia e scrivere sempre su di un argomento specifico, in modo che i lettori ben presto si abitueranno ad associare quel nome, quel professionista, il suo brand, a una materia specifica, identificandolo come esperto della materia. Questo è il modo per creare una fidelizzazione al proprio nome, quindi per crearsi una brand identity sul web, per distinguersi dalla massa dei professionisti agli occhi del pubblico e per emergere. In questo modo il nostro nome, il logo dello studio, il brand appunto, diventerà sinonimo di quella materia (per esempio, proprietà intellettuale, diritto di famiglia, energy, ecc.) e se gli scritti saranno di qualità ed effettivamente utili per i lettori, alla prima occasione in cui avranno bisogno di uno specialista in materia sapranno a chi rivolgersi, in quanto è come se già vi conoscessero e vi avessero “testato” grazie ai contenuti da voi prodotti. In questo modo il rapporto da digitale si trasformerà in reale business.
Considerate inoltre che Il web abbatte barriere temporali e spaziali. A differenza dei contributi prodotti per la carta stampato, quotidiani o riviste di settore, che hanno per loro stessa natura una visibilità limitata, i contributi affidati alle cure del web sono praticamente eterni. Lo sforzo quindi profuso per la loro redazione sarà ampiamente ripagato dalla ampia visibilità sia in termini di tempo che di numero di potenziali lettori. Gli scritti di una rivista vengono letti solo dagli abbonati, quelli affidati al web potenzialmente da tutti! Ma questo ha un rovescio della medaglia: in primo luogo, proprio perchè la visibilità è ampia quale target, bisognerà scrivere in modo da essere compresi dai nostri potenziali lettori (il giuridichese non aiuta molto) e bisognerà essere focalizzati su alcune tematiche per evitare di essere dispersivi e quindi perdersi nella massa dei contenuti del web (il generalista che scrive oggi di diritto di famiglia, domani di fallimento, dopodomani di condominio non verrà associato a nulla in particolare e non verrà ricordato dai lettori).