Mahatma “Grande Anima” così lo definì il poeta indiano R. Tagore.
Nacque a Portbandar in India il 2 ottobre 1869 Mohandas Karamchard Gandhi.
Per tutti il simbolo della “non violenza” (satyagraha), della lotta senza armi, della libertà. Ghandi fu capace di muovere masse con la sola forza delle convinzioni e della parola. “La mia vita è il mio messaggio” disse negli ultimi anni della sua esistenza terrena. Piccolo, gracile e pacato, impacciato nel parlare in pubblico negli anni giovanili, riuscì a muovere masse enormi di indiani verso l’indipendenza dal Regno Unito colonizzatore.
Incarnò con la sua vita il senso della libertà: libertà dall’oppressione violenta, libertà di pensiero, libertà di fede (per questo fu assassinato). Libertà è indipendenza, è dignità. Lottò con chiunque volesse conquistarla, dal ceto più basso della società indiana a quello politico.
La vera libertà è una condizione mentale che non si può raggiungere con le armi. La violenza non libera, soggioga a sua volta, crea altra dipendenza, che genera nuova violenza. Una spirale infernale che il Mahatma era deciso ad interrompere e così fece. Col digiuno, col silenzio, con lunghi anni di prigionia, con marce epiche, con discorsi tra i campi e tra i banchi del parlamento inglese.
Ventun anni trascorsi in Sudafrica (dal 1893 al 1914) al fianco degli immigrati indiani che Gandhi porta ad ottenere l’uguaglianza sociale e politica con storiche riforme del governo sudafricano a favore dei lavoratori indiani (eliminazione di parte delle vecchie leggi discriminatorie, riconoscimento ai nuovi immigrati della parità dei diritti e validità dei matrimoni religiosi).
Trentatrè anni nella sua terra, l’India, a cui fece ottenere l’indipendenza dal regno britannico nel 1947. Ciò non fu sufficiente ad evitare lotte altrettanto terribili tra le due etnie di indù e musulmani che costarono oltre un milione di vittime e sei milioni di profughi in quella che fu la guerra civile che portò alla creazione degli attuali stati India e Pakistan. La libertà è nell’animo dell’uomo ripeteva il Mahatma, come dargli torto…
All’età di diciassette anni venne inviato a Londra all’University College per studiare giurisprudenza. Una volta laureatosi tornò in India per esercitare la professione di avvocato. Sarà un viaggio in Sudafrica, dove viene inviato dal suo studio legale per difendere una causa locale, a cambiare il corso della sua vita e della vita di milioni di persone.
Da quel momento la libertà e la ricerca della verità furono la sua ragione di vita. “Satyagraha” è la forza della verità e “Ahimsa” è la non violenza.
Fu uno dei più grandi comunicatori di tutti i tempi, comunicò tra la gente e non alla gente. Vestiva come il suo popolo l’abito contadino bianco (dhoti) da lui stesso tessuto. Praticava il digiuno, la castità, la povertà, l’amore per il prossimo “io e te siamo la stessa cosa, non posso farti male senza ferirmi” fu un suo credo.
Sulla difficoltà degli uomini di comunicare tra loro rimane storico un suo discorso alla radio inglese in cui raccontò un aneddoto più chiaro di mille parle: < <Un giorno un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli: perché le persone gridano quando sono arrabbiate? Gridano perché perdono la calma, rispose uno di loro. Ma perché gridare se la persona sta al suo lato, disse nuovamente il pensatore. Gridiamo perché desideriamo che l’altra persona ci ascolti, disse un altro discepolo. Allora non è possibile parlargli a bassa voce, chiese il pensatore. Voi sapete perché si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati?. Perché i loro cuori si allontanano molto e per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare e quanto più lontani sono tanto più sarà necessario gridare. D’altra parte che succede quando due persone sono innamorate? Non gridano, parlano soavemente, perché? Perché i loro cuori sono molto vicini e la distanza tra loro è poca. E quando l’amore è più intenso non bisogna neppure parlare, i loro cuori si intendono. Quando voi discutete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che possano distanziare di più, perché un giorno la distanza sarà troppa>> concluse.
Fu ucciso il 30 gennaio 1948 all’età di 78 anni da un fanatico religioso indù tra la folla in un parco a Nuova Dheli mentre si accingeva a recitare la preghiera della sera.
“Forse le generazioni a venire crederanno a fatica che un individuo in carne e ossa come questo ha camminato su questa terra” disse Albert Einstein di Gandhi alcuni anni dopo.
Se libertà vuol dire libertà di parola, libertà di pensiero, libertà di coscienza, libertà dall’oppressione e soprattutto libertà di vivere seconso un proprio credo, non solo religioso, ma di vita, allora non potremmo celebrare questo bene in modo più profondo che associandolo alla vita di questo piccolo grande uomo che interporetò ogni giorno della sua vita come se fosse l’ultimo e trasmise al mondo un messaggio destinato a non morire più.
Ed è con una sua poesia che vogliamo congedarci dalla “Grande Anima”:
Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.
[M. Gandhi]
Commosso di fronte a tanta bellezza vi saluto.