Si è tenuto a Modena, presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti, il Convegno dedicato agli strumenti operativi per attuare la leadership con impronta femminile nello Studio professionale. L’evento, organizzato dal Comitato Pari Opportunità dell’Ordine, e di cui ho avuto il piacere e l’onore di essere relatore, ha visto la partecipazione attiva di commercialisti e consulenti del lavoro, una bella occasione per mettere in atto la necessità anche per le donne professioniste di fare rete tra di loro.
Gender diversity
Gender diversity e talento, al centro del seminario. La diversità uomo-donna come opportunità per far emergere il talento di ciascuno, per arricchire il panorama economico, imprenditoriale e professionale del nostro Paese.
L’obiettivo deve essere quello di integrare le diversità che accompagnano il modo di lavorare, di relazionarsi e di organizzare la professione per uomo e donna. Questa diversità deve diventare uguaglianza sostanziale, non vi devono essere diverse opportunità o ostacoli per gli uni e per le altre, ma la differenza di genere deve essere arricchimento di cui beneficiano le organizzazioni di studio. Mettere a fattore comune i talenti di uomini e donne sarà la vera vittoria sostanziale delle professioni. Niente più “tetti di cristallo”, niente più limitazioni di carriera. Se per questo può servire come acceleratore la normativa sulle quote rose, che ben venga. Ma la normativa non dovrebbe essere l’obiettivo, bensì lo strumento di accelerazione di un processo che deve portare a godere tutti dei talenti dei professionisti, senza altre distinzioni di sorta.
Punti di forza e aree di miglioramento
Come punti di forza a favore delle donne professioniste vi sono sicuramente:
1) migliori capacità empatiche e relazionali
2) una spiccata capacità di ascolto
3) il multitasking
4) un attaccamento al gruppo e un sistema valoriale più forte
5) una maggior tolleranza allo stress
6) la determinazione e la costanza nel perseguire gli obiettivi.
All’opposto, giocano contro il perfezionismo che accompagna molte professioniste, la carenza (fino ad oggi) nelle capacità di fare rete tra loro, a volte la poca valorizzazione delle proprie capacità e disillusione sulla possibilità di cambiare le cose.
Le diseguaglianze non solo si vivono all’interno delle strutture professionali (come nelle imprese), dove più si sale verso posizioni apicali, più si diradano i nomi al femminile cedendo il posto ai compagni uomini, ma vengono vissute (haimé) anche con i clienti, dove ancora capita che il collega uomo venga chiamato “avvocato” e la collega donna “signora”, oppure dove il cliente preferisce istintivamente l’uomo con i capelli brizzolati, perché sinonimo di esperienza e di competenza… assurdo, ma dai racconti, ancora attuale in alcuni contesti.
La speranza è che ben presto si possa parlare di gender diversity in un’altra prospettiva, non più come un problema da affrontare, bensì come un punto di forza di una società fondata sul talento delle persone e sulla meritocrazia delle carriere, dovunque esse siano, dovunque portino e chiunque ne sia protagonista.
Questa volta un saluto particolare va a tutte le lettrici.