Perché una struttura organizzata possa crescere e possano con essa crescere i livelli qualitativi dei servizi e le performance, un momento centrale è rappresentato dai feedback. Fondamentale è che tutti i componenti del team di Studio crescano costantemente, in modo che la crescita sia equilibrata e costante. In caso contrario, la crescita riguarderebbe solo alcuni settori dello Studio, alcune seniority o figure. È come se un aeroplano volasse inclinato, invece che con un assetto aerodinamico in equilibrio. Mancanza di aerodinamicità corrisponde a maggior attrito e quindi maggior fatica nel percorso e inefficienze. La stessa cosa accade anche per lo Studio professionale la cui crescita avviene a scacchiera, invece di coinvolgere l’intero team.
Abbiamo già analizzato come il cambiamento e la crescita possa sostanzialmente seguire due grandi modalità operative: l’innovazione, che ha come vantaggio un salto di qualità immediato a fronte, però, di investimenti importanti e il continuo costanze miglioramento (kai-zen) che ha come vantaggio la crescita dell’intera organizzazione senza particolari investimenti (in termini economici) a piccoli passi costanti nel tempo.
Il feedback rientra a pieno titolo tra gli strumenti di crescita costante nel tempo dei collaboratori. Più volte abbiamo approfondito il tema del feedback circa la metodologia con cui deve essere dato. Analizziamo ora l’importanza dell’avere chiaro l’obiettivo per cui viene conferito il feedback al collaboratore dal titolare di Studio o dal team leader. Il feedback è l’informazione (opinione, critica ecc.) con cui un soggetto “restituisce” all’interlocutore ciò che pensa e ha capito dell’attività o comportamento tenuto da quest’ultimo. Perché sia effettivamente utile per chi lo riceve (il collaboratore) dev’essere dato nell’interesse di quest’ultimo. Ciò avviene se il feedback permette al collaboratore di aumentare il proprio livello di consapevolezza sulle proprie risorse e sui propri comportamenti, in modo da potervi intervenire e così migliorare. Spesso, invece, il feedback viene dato per dimostrare che chi lo da ne sa di più, oppure che il destinatario non è in grado ed ha deluso le aspettative. Il più delle volte il feedback è dunque più criticismo (distruttivo) che non opinione/critica costruttiva; il più delle volte è rivolto al passato più che al presente e crea scontri invece che confronti tra gli interlocutori.
All’interno dello Studio professionale il leader, sia esso il titolare o il team leader, per essere tale e rivestire anche la figura di leader-coach deve rappresentare un momento di confronto costruttivo con i propri collaboratori, un punto di riferimento e di ispirazione su cui riporre fiducia. Laddove i collaboratori stentino a confrontarsi con il capo, cerchino di nascondere ciò che non ha funzionato e vivano in uno stato di continua tensione e ansia da confronto, ecco che tutte le spie di una mancanza di leadership positiva sono accese. Il clima di Studio è a rischio e con esso le relazioni, la qualità del lavoro e, infine, le performance che si traducono alla fine in denaro (mal speso o non guadagnato).
Se proviamo poi ad analizzare molti Studi professionali caratterizzati da un grande turnover dei collaboratori, scopriremo con buone probabilità che le ragioni principali che spingono i collaboratori ad andarsene non sono di tipo economico (come spesso appare), ma di tipo relazionale, soprattutto legate alla mancanza di crescita percepita dal collaboratore per mancanza di rapporti costruttivi (feedback) con il titolare o il team leader da cui dipende.
Poiché il feedback non costa nulla e porta con sé enormi vantaggi per lo Studio, è sicuramente un argomento che tutti gli Studi professionali dovrebbero approfondire e a cui sarebbe utile dedicare maggior tempo visti gli importanti ritorni sia economici che di qualità del lavoro.