Ricordo le mie prime avventure amorose da adolescente. Quando arrivava l’estate e si partiva per il mare se da un lato era bello perché cominciava la vacanza, dall’altro ci si divideva con la fidanzata, magari ai due estremi dell’Italia.
Un tempo
Allora non c’erano i cellulari, tantomeno WhatsApp. E allora ci si affidava alle lettere (ancora rigorosamente scritte a mano e spedite col francobollo) e alle telefonate dalle cabine telefoniche. Le cabine di allora avevano ancora il gettone, non erano arrivate neppure le future schede telefoniche. “E allora? (mi chiede oggi mia figlia)”. Allora ci si affidava alla memoria e alla buona volontà. Ci si dava appuntamento all’ora x del giorno x, lei aspettava al bar della spiaggia la telefonata e io andavo in cerca di una cabina telefonica armato di un sacchetto con dentro decine di gettoni – li ricordate quelli con le scanalature sui lati, fatti apposta per la cabina del telefono? – e di tanta pazienza.
Oggi
Quanta distanza dall’esperienza di un adolescente di oggi. Questa estate ero in vacanza con mia figlia e lei era costantemente in contatto con i compagni di scuola e amici sparpagliati questa volta in mezzo mondo. In diretta su WhatsApp, su FaceTime chattavano in gruppo amabilmente. Niente attesa, “zero sbatti” (come dicono loro), nessuna penna e niente carta. Le parole zippate vengono inframezzate da emoticons e immagini, video e link.
Insomma, un altro mondo, né meglio né peggio, ma sicuramente un altro.
Da dove partire
La sera ci siamo trovati a guardare il panorama splendido delle Dolomiti illuminate dalla Luna sotto un cielo di stelle che se le guardi ci sono, sono ancora lì, tutte. Io accendevo un sigaro e lei accanto a me col cellulare in mano dedicava parte dell’attenzione al suo papà e parte al suo mondo digitale tenuto in mano con noncuranza. Mentre chiacchieravamo lentamente pensavo. Cosa potrei io oggi prendere dell’esperienza fatta con i miei genitori, giusto per prendere spunto? Se ricordo mio papà cosa posso fare io per mia figlia adolescente? Poco, molto poco, mi sono detto. Lui ascoltava poco, chiedeva poco, c’era parecchia distanza generazionale, fatta di rispetto, di pudore, di incomprensioni. Ci sono sì dei valori cardine e c’è l’amore padre-figlio che resta immutato nelle generazioni e nelle epoche, ma per il resto mi devo reinventare tutto. Se facessi le stesse cose che ho visto fare con me…farei solo danni. Devo scoprire insieme a mia figlia cosa vuol dire oggi fare il papà di un figlio adolescente e creare ex novo un rapporto da scoprire giorno per giorno. Mia figlia mi parla di musica, delle prime delusioni amorose, delle sue youtuber, dei suoi programmi preferiti, dei viaggi che vuole fare e usa un lessico di una nuova generazione. Ho capito, devo studiare questo nuovo linguaggio e soprattutto capire quali sono i tempi di un adolescente oggi, che ha il mondo in mano e che non ha ancora le capacità per poterlo gestire (forse non le avrà neppure da adulto, un giorno).
Noi
Noi ragazzi giocavamo insieme, io giocavo a basket. Ricordo gli allenamenti dove si sudava insieme, si litigava, c’era antagonismo e spesso ci si faceva anche male. Ci si mischiava, si mischiavano i sudori e le fatiche dell’allenamento. Da più piccoli ancora si giocava con i soldatini, ci se li scambiava. Oggi i ragazzi non giocano più insieme, giocano vicini, ciascuno nel suo mondo racchiuso in uno schermo. Insieme con mia figlia abbiamo sfidato su GameCenter del cellulare giocatori di chissà quale parte del mondo in giochi di abilità. All’epoca andavamo nelle sale giochi con gli spiccioli e c’era sempre uno che giocava e l’amico con la mano sulla spalla che faceva il tifo.
Mio padre mi ha ripetuto per una vita che lui “quand’era piccolo…”, “che lui non aveva le possibilità…”, “che io sono fortunato…” etc. etc. E io tutto questo dopo un po’ ho cominciato ad odiarlo, perché era la sua storia, non la mia. Chiedimi come sto, cosa voglio, cosa spero, cosa so fare, cosa mi fa paura, di cosa ho bisogno e fammi provare, fammi sbagliare, fammi crescere scoprendo chi sono.
Ecco, mi sono detto, questo errore io non lo voglio fare con mia figlia. Non voglio riempirla della mia storia, voglio invece che mi guidi lei nella sua storia. Una amica mi disse un giorno davanti ad un caffè:
“tutti pensano che le guide vengano dal passato e sono i genitori, quando invece le vere guide vengono dal futuro e sono i figli”.
Loro
I nostri figli non sono noi, non sono come siamo stati noi e noi non siamo i nostri genitori. Ricordiamolo sempre.
Sapete ascoltare i vostri figli? Sapete fargli le domande giuste? Sapete quali sono i loro tempi e sapete rispettarli? Sapete essere per loro una reale risorsa a cui attingere? In punta di piedi, rimanendo genitori e non diventando amici dei figli (i ruoli vanno rispettati) entriamo in questo mondo nuovo, inventiamoci come fare i genitori nel 2018, prendiamo ciò che è possibile di quanto hanno fatto con noi e mettiamo nella bacheca dei ricordi il resto.
Se questo è un nuovo mondo, allora richiede nuove figure genitoriali, un nuovo alfabeto per comprendersi, nuovi strumenti per comunicare e nuovi tempi.
Ciò che resta sempre immutato è che un figlio adolescente ha bisogno in questo momento di passaggio difficile della sua vita di genitori saldi a terra, maturi, presenti e non invadenti, comprensivi ma non molli, che li amano ma che non si stendono a tappetino e soprattutto che abbiamo il coraggio di mettersi in gioco con loro. Solo così potremo dire di essere genitori che vivono insieme ai loro figli e non solo vicini.