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L’impatto del Covid sulla gender gap negli studi professionali

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La rivista Economy di Ottobre 2021 si sofferma sulla crisi innescata dalla pandemia che ha colpito soprattutto i giovani e le donne, aggiungendo altra complessità ai già affaticati sistemi di governance pubblica. Anche durante il G7 di Carbis Bay è stato riconosciuto:

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l’impatto devastante e sproporzionato del COVID-19 su donne e ragazze, che rischia di invertire i guadagni duramente conquistati, in particolare per quanto riguarda la violenza di genere, la salute sessuale e riproduttiva e i diritti, l’istruzione e il lavoro”.

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Per questo le istituzioni si sono messe all’opera per individuare sistemi innovativi atti a ridurre quanto più possibile il divario tra uomini e donne. La Commissione europea ha prima approntato nel marzo 2020 la strategia quinquennale per la parità di genere e lo sviluppo sostenibile, poi a marzo di quest’anno ha presentato la direttiva per la parità di retribuzione tra uomini e donne e per la trasparenza delle retribuzioni. Mettere in atto un cambio di passo in questa direzione è ormai ineluttabile vista anche la “concretezza economica, oltre che giuridica e di civiltà” che ha raggiunto il tema della parità tra i sessi. Un aspetto che è sentito anche all’interno degli studi professionali dove la disparità di genere è ancora piuttosto presente. Il divario tra donne e uomini appare sempre meno comprensibile e tollerabile anche all’interno della società civile e degli organismi di rappresentanza. Come riconosciuto, la partecipazione ridotta delle donne al mercato del lavoro è un fattore limitante per la crescita e lo sviluppo economico e sociale. L’EIGE stima addirittura nell’UE un’importante espansione del PIL pro capite, del 6,1% – 9,6%, pari a 1,95-3,15 trilioni di euro, e la creazione di 10,5 milioni di posti di lavoro aggiuntivi, se la quota di partecipazione femminile al lavoro eguagliasse i livelli di quella maschile.

INVESTIRE SULLE PERSONE

L’obiettivo primario di aziende e studi professionali dovrebbe essere quello di investire sulle persone, le loro competenze e abilità umane e professionali, a prescindere dall’età o dal genere, focalizzando le risorse su chi è capace di generare valore utile alla crescita del business. Il futuro del post-pandemia sembra infatti procedere nella direzione di una maggiore valorizzazione delle competenze e del contrasto alle disuguaglianze di genere, oltre che da nuovi paradigmi di sostenibilità, dove si dovrà trovare la quadra per un bilanciamento tra lavoro in ufficio, smart e remote working. L’eliminazione del gender gap, non deve essere visto solo in un’ottica di parità salariale o di equa rappresentanza, ma nel poter raggiungere questi obiettivi in modo costante anche a livello apicale, quindi manageriale e dirigenziale. Negli studi professionali, ad esempio, è infrequente trovare figure al vertice è questo caratterizza un sotto-problema da affrontare, quello della leadership femminile. A conferma di come questo sia un tema centrale, sono pochi i settori della vita sociale ed economica in cui le donne non fatichino a ricoprire cariche importanti, nemmeno nei Paesi più sensibili su questo punto come quelli dell’Europa settentrionale sono riusciti ancora a fare dei passi così concreti.

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CAMBIO GENERAZIONALE

Osservando i dati riferiti all’Italia, secondo l’ultima rilevazione dell’Inps del 2019, su un totale di 605.000 posizioni manageriali solo il 28% è occupato da donne, una percentuale che scende al 18% restringendo l’analisi ai dirigenti, con una crescita risibile negli ultimi anni. Per sfruttare il cambio generazionale che la pandemia ha contribuito ad accelerare occorre innanzitutto prevedere un programma di coaching con formazione mirata alla leadership in particolare verso le donne manager. Oltre a questo, l’impatto dell’emergenza sanitaria ed economica causata dal Covid-19 ha imposto un ripensamento di tutte le dinamiche interne ed esterne, nelle aziende e nello studio professionale, compresi i modelli di business, i processi d’innovazione e la transizione verso modelli più sostenibili di produzione. Lo smart working o meglio remote working ha avuto un effetto senza dubbio dirompente sul gender gap. Da un lato le donne hanno avuto maggiori difficoltà nel dover organizzare e gestire contemporaneamente casa e lavoro rispetto agli uomini. Dall’altro lato il lavoro da remoto ha spostato l’attenzione, delle aziende e degli studi dell’organizzazione, dalle persone all’efficienza, dalle ore lavorate al raggiungimento degli obiettivi, mettendo in risalto i talenti, le competenze lavorative e la capacità creativa dei manager. Così facendo sono stati superati alcuni dei tradizionali meccanismi culturali, che determinano la scelta delle risorse da assumere, i percorsi di carriere e i livelli retributivi, favorendo una contrazione della disparità di genere. I dirigenti aziendali e manager di studio dovranno ripartire da questo punto per consentire di accelerare un processo, di progressiva eliminazione del gender gap, che non dovrebbe essere arrestato anche, come si è visto, per apportare un beneficio a tutta l’economia in generale.

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CONCLUSIONI

La pandemia da Covid-19 ha impattato in modo sensibile sul tema del gender gap all’interno di studi professionali e delle aziende. Se da un lato soprattutto il lavoro da remoto ha aggiunto un altro carico di fatica e stress alle donne, impegnate nel doppio lavoro di cura della casa e della propria professione, dall’altro lato ha livellato la valutazione di risorse umane e percorsi di carriera e di retribuzione perché il focus di dirigenti e manager si è spostato su efficienza, produttività ed emersione dei talenti. Il processo di progressiva eliminazione del gender gap, che la pandemia ha contribuito ad accelerare, deve essere portato avanti con insistenza e coraggio per aumentare la percentuale appena sotto il 28% di manager donne e il 18% di dirigenti. In questo modo un evento tragico con l’emergenza sanitaria ed economica causata dal Covid-19 può diventare una chiave di svolte positive per le donne nel mondo del lavoro.

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Mario Alberto Catarozzo

Formatore, Business Coach professionista e Consulente, è specializzato nell’affiancare professionisti, manager e imprenditori nei progetti di sviluppo e riorganizzazione.
È fondatore e CEO di MYPlace Communications, società dedicata al marketing e comunicazione nel business. Nella sua carriera professionale è stato dapprima professionista, poi manager e infine imprenditore. Per questa ragione conosce molto bene le dinamiche aziendali e del mondo del business. Si è formato presso le migliori scuole di coaching internazionali conseguendo le maggiori qualifiche del settore.
Collabora con Enti, Istituzioni e Associazioni professionali e di categoria e lavora con aziende italiane e internazionali di ogni dimensione, dalle pmi alle multinazionali.
È autore di numerosi volumi dedicati agli strumenti manageriali e di crescita personale e professionale. È direttore della collana Studi Professionali di Alpha Test Editore e autore de “Il Futuro delle professioni in Italia” edito da Teleconsul editore.
Professional Certified Coach (PCC), presso la International Coach Federation (ICF).
Per sapere di più sulle attività di formazione, coaching, consulenza e marketing visita i siti:

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Per info e contatti: coach@mariocatarozzo.it.