Ve lo ricordate Inside out, il film-cartone della Pixar? È passato qualche anno, ma resta un must, un appuntamento con pop corn e copertina da vedere tutto d’un fiato una sera. Scopriamo perché. Lasciate perdere i commenti che potete leggere sul fatto che nel film manchi la ragione, piuttosto che l’auto-determinazione. Sarà pure vero, ma chi se ne frega, ci vien da dire. E basta con questa cultura dell’errore a tutti i costi, dove in evidenza deve essere messo sempre cosa manca o cosa poteva essere fatto meglio. Si può sempre fare di meglio, ma intanto godiamoci quel che di buono c’è. E in questo film di animazione di buono ce n’è davvero tanto.
I SENTIMENTI PROTAGONISTI
I protagonisti sono i nostri sentimenti, siamo tutti noi che ci specchiamo nelle gesta di questa bambina, Riley, che a undici anni deve affrontare la prima esperienza difficile della sua vita: il trasferimento con la famiglia in un’altra città. Non starò certo qui a raccontarvi la trama, sia perché la trovate in tutte le salse sui siti specializzati di filmografia, sia perché ve la dovete vivere di persona davanti allo schermo.
A noi interessa in quanto il personaggio di Riley ci permette di entrare dentro di noi, di rivivere cosa deve essere accaduto tanti anni fa senza che ne fossimo consapevoli.
Anche nel nostro cervello Paura, Gioia, Tristezza, Disgusto e Rabbia giocano da sempre la loro partita. Ma quanto ne siamo stati coscienti? E quanto lo siamo ora? Se non lo siamo, allora siamo incoscienti, cioè agiamo senza sapere perché e come.
Su questi punti abbiamo tante volte in questo blog tracciato delle linee di demarcazione tra un prima e un dopo, cercando di fare un pochino di luce su di noi, sulle nostre strategie di comportamento, sui nostri obiettivi e sui nostri errori.
Recuperate inside out su Netflix o su un’altra piattaforma, magari con i vostri figli e poi riservatevi una cena con tutti loro e aprite un confronto, chiedete e scoprite.
Ancora una considerazione, per rimanere su film-cartoni da v edere assolutamente: per quanto bello non supera, a mio avviso, il fantastico Up, dello stesso regista, datato 2009. I sentimenti, in quel caso visti da fuori, sono stati ancora più travolgenti e sfido chiunque a non aver versato qualche lacrima alla fine del film.
