La crisi è la miglior benedizione, parole di Albert Einstein. Il papà della relatività ci ricorda – correva l’anno 1955 – che “Un tempo eravamo capaci di adattarci alla bisogna, oggi meno. Oggi la crisi ci smuove dal letargo, ci obbliga a pensare più a fondo, a guardare la realtà per quello che è”.
La crisi, insomma, è stata in tutte le epoche portatrice di una ventata di innovazione. L’uomo tende ad adagiarsi, a creare abitudini e zone di comfort e a stazionare all’interno finché qualcosa non lo costringe ad uscire allo scoperto.
Abbiamo più volte affrontato l’argomento in questo Blog. Pensate alla spending review, che non sarebbe mai iniziata senza una situazione così critica per l’economia nazionale (e internazionale).
Pensate all’interno delle organizzazioni, alla riduzione degli sprechi, (ottimizzazione) e alla riorganizzazione di processi e attività (razionalizzazione).
E’ la crisi il problema?
Non è dunque la crisi di per sé il problema, anzi. È l’atteggiamento con cui si affronta a rappresentare il problema. La crisi mette in moto il cambiamento, attiva nuove risorse e costringe e far fondo alle potenzialità inespresse.
Tuttavia l’animo umano non sempre brilla per capacità di adattamento, problem solving e produttività; così, può prendere il sopravvento la paura, fino a portare ad un immobilismo pericoloso. Gli alibi si moltiplicano e lo scetticismo prende piede.
Quanto conta l’atteggiamento?
Se da una parte leggiamo, haimè, storie tragiche, si leggono anche storie di chi ce la fa, di chi si rinnova, di chi cavalca l’onda del cambiamento, di chi coglie l’occasione per rinascere dal letargo in cui era finito. È su questi esempi che assume tutto il suo significato quanto insegna la PNL (Programmazione Neuro Linguistica): non è tanto importante ciò che ti capita nella vita, quanto cosa fai tu un secondo dopo. È il significato che diamo agli avvenimenti, l’interpretazione che attribuiamo a ciò che ci accade a determinare l’impatto che avrà sulla nostra vita.
La mentalità dell’inventore insegna: da ogni fallimento o difficoltà impara qualcosa di nuovo. L’inventore usa il passato come scuola e non come giudice. Ogni tentativo, ogni fallimento, è un gradino in più verso il successo, nel senso etimologico del termine: far suc-cedere ciò che ci siamo posti come obiettivo.
E voi?
E voi, come state affrontando il cambiamento? La crisi vi ha irrigidito, oppure vi ha dato nuovi stimoli? State resistendo agli eventi, o li state cavalcando?
Avete messo in atto nuovi comportamenti come nuove soluzioni ai problemi, anch’essi nuovi, che si presentano? Oppure state replicando vecchie soluzioni per nuovi problemi (lamentandovi degli scarsi risultati)?
Passate più tempo sul problema o sulla soluzione?
Così come abbiamo iniziato con Albert Einstein, concludiamo: “Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza (…). Senza crisi non ci sono sfide e senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza.
Buon lavoro a tutti!