“Che tu creda di farcela o di non farcela hai comunque ragione”. Beh chi lo dice non è uno qualunque. È uno che ce l’ha fatta. Parliamo di Henry Ford, il fondatore dell’omonima casa automobilistica che ha lanciato la produzione di automobili su scala mondiale. Era il 1908 e la “Ford T” prodotta solo di colore nero vedeva la luce. Cosa avrà mai voluto dire? Forse che le nostre credenze o convinzioni determinano le nostre scelte? La nostra qualità di vita? I nostri risultati? Sì, proprio così, le convinzioni, e cioè ciò a cui inconsciamente crediamo e che diamo per vero, determinano le nostre scelte, i nostri stati d’animo e, infine, i risultati che otterremo nella nostra vita.
In un precedente post abbiamo parlato del “dialogo interno” come quella vocina nella nostra testa con cui ci rivolgiamo a noi stessi e facciamo le nostre considerazioni e ragionamenti. “Caspita ho sbagliato, avrei dovuto dirglielo. Che pirla che sono!”. “Non riuscirò mai ad affrontarlo a quattrocchi, lo so già”. “Fantastico, sono stato un grande!”. “Sì, ce la posso fare, ne ho superate di prove ben più difficili”. “Che insegnamento posso trarre da questa batosta?”.
Ecco queste sono alcune forme che il dialogo interno può assumere. Vi riconoscete? Sono anche per voi queste le modalità con cui siete soliti rivolgervi a voi stessi ogni giorno, ogni minuto? E il più delle volte non ce ne accorgiamo, non ne siamo consapevoli, avviene tutto in modo inconscio o preconscio. L’impatto che questo dialogo può avere su di noi, sul nostro stato d’animo, sui nostri comportamenti è enorme. E il dialogo interno altro non è che l’esplicitazione delle nostre abitudini di pensiero, dei nostri schemi mentali e delle nostre convinzioni e credenze.
Come si formano le convinzioni e le credenze? Nel corso della nostra vita le convinzioni, di cui siamo inzuppati come dopo un acquazzone estivo, si formano casualmente, lentamente. Sono in particolare i primi anni della nostra vita, quando le nostre capacità critiche sono molto basse, quelli in cui si formano le convinzioni più forti e determinanti per la nostra crescita, ma un po’ nell’arco di tutta la nostra esistenza le convinzioni continuano a formarsi e a rappresentare per noi una sorta di filtro attraverso cui vediamo il mondo. È come se avessimo davanti a noi una gigantesca lente attraverso cui filtrano i dati della realtà e che noi tendiamo ad adattare alle nostre esperienze pregresse, a soggettivizzare. E poi diciamo che quello è il mondo. No, non proprio. Quello è il nostro mondo.
Le convinzioni originano dal rapporto con i nostri genitori, con le persone per noi influenti, fratelli, amici, insegnanti, allenatori. Esistono poi convinzioni legate al credo sociale, relative pertanto ai canoni di “bellezza”, per esempio, oppure alla religione, oppure ancora al valore sociale di un certo lavoro, della posizione economica e potremmo andare avanti così per molto. Provate a pensare, per esempio, alle convinzioni di tipo raziale, oppure di tipo politico. Pensate che queste convinzioni determineranno tutte le scelte future della nostra vita. Non male, eh?!
Allora che fare? Bisogna combatterle? Bisogna ignorarle? Rassegnarsi? Lavorarci su?
La cosa migliore che si possa fare è quella di prenderne coscienza, di diventarne consapevoli. Questo permetterà di conoscerci meglio, di accettarci e di sapere che ciò che pensiamo non è che una visione soggettiva delle cose. Legittima, esattamente come legittima è la visione soggettiva altrui. Una volta che siamo coscienti delle nostre credenze e convinzioni possiamo inoltre scegliere liberamente di tenercele perché ci piacciono, oppure di modificarle con altre, nuove, magari più attuali e più “nostre” di quelle che abbiamo ereditato da familiari e parenti, oppure che ci siamo trovati a vivere senza sapere da dove vengono e se sono effettivamente utili nella nostra vita.
Pensate che i coach sportivi e gli allenatori lavorano con i propri atleti proprio sulle convinzioni e sugli stati emotivi che esse provocano. Provate a pensare a Usain Bolt, l’atleta giamaicano detentore del record mondiale dei 100 metri stabilito a Berlino nel 2009 (9,58”). Ebbene ricordate cosa ha fatto negli ultimi mondiali di atletica a Daegu in Corea del Sud svoltisi l’agosto scorso? È stato squalificato per falsa partenza e non ha potuto più gareggiare per il titolo mondiale!!! Capite, si è bruciato tutto in una frazione di secondo, di fatto regalando a Yohan Blake il titolo mondiale 2011. Anni di allenamenti, fatica, aspettative. Tutto di colpo finito per un banalissimo errore.
Era domenica 28 agosto. Il venerdì successivo, cinque giorni dopo, lo stesso atleta doveva correre la semifinale dei 200 mt per accedere alla finale del giorno dopo. Che fare? Stare a recriminare? Arrabbiarsi con se stesso? Disperarsi per il banale errore? Rimuginare sull’accaduto? E invece no: “Cercate le lacrime? Non ne vedrete sul mio viso”. Questo il commento ai giornalisti. “Non ho altro da aggiungere per il momento, perché ho bisogno di tempo. Ci vediamo venerdì”. Su cosa avrà lavorato il campione con il suo allenatore? Sul dimenticare al più presto l’accaduto catalogandolo come incidente di percorso che nulla toglie alle sue capacità di sempre e sul concentrarsi sugli stati potenzianti e sulle convinzioni potenzianti: “sono il migliore, il più veloce, lo ha già dimostrato più volte. Sono in forma smagliante. Vincerò!”. Avrebbe potuto aver paura e dirsi: “e si mi ricapita ancora?” Chi mi dice che non farò di nuovo una falsa partenza, in fondo si tratta di millesimi di secondo….”. Questo è quello che avremmo pensato noi, vero? Lo abbiamo fatto tante volte in altre circostanze. E invece lui no. Avrà probabilmente pensato: “quante volte in vita mia mi è accaduto di fare falsa partenza in una gara ufficiale?”. “Una volta”. “Quante volte invece sono partito da leone?”. “Sempre”. “Quindi? Quindi tutto mi dice che anche stavolta partirò da leone”.
Il sabato (3 settembre) Usain Bolt ha vinto la finale dei 200 mt con la miglior prestazione mondiale stagionale (19.40″). “Sono sempre il migliore” dirà al termine della gara.
Vi saluto con un altro grande della storia, Abramo Lincoln:“Tieni sempre presente che la tua ferma convinzione di riuscire è più importante di qualsiasi altra cosa”.